RetroGaming, puntata 46: Deathtrap Dungeon (1998; PS1, PC)

RetroGaming, puntata 46: Deathtrap Dungeon (1998; PS1, PC)

Negli oscuri e lugubri antri reconditi del finire del secolo scorso, uno sviluppatore sconosciuto di nome Asylum Studios dava vita ad una creatura affascinante e grottesca allo stesso tempo; una sfida che cambia costantemente le regole del gioco; una scintilla di genialità, annegata in un mare di lacrime.

Questo è Deathtrap Dungeon. E accidenti se è un figlio di puttana.

 

Deathtrap dungeon screenshot 1

‘giorno.
Immagine originale qui.

 

Deathtrap Dungeon è uno dei primi esempi semi-competenti di Action-Adventure 3D in terza persona con combattimenti all’arma bianca. Essendo stato realizzato in contemporanea addirittura a Die by the Sword e un’eternità prima di Gothic o Blade of Darkness, ha la scusante di avere avuto come sole possibili fonti di ispirazione Tomb Raider (che non è basato su scontri all’arma bianca) e pochi altri titoli estremamente grezzi (per non dire tendenti all’ingiocabile) come Highlander: The Last of the MccLeods o Ecstatica (tecnicamente cloni di Alone in the Dark, ma pesantemente basati sul combattimento).

I risultati sono più accettabili di quanto potrebbe sembrare a prima vista, ma non sufficientemente accettabili da garantire un’esperienza piacevole.

 

La premessa del gioco (che credo sia tratta da un qualche libro-gioco o roba simile?) è che in un villaggio sperduto da qualche parte un barone un po’ tocco e con più tempo libero che fondi in banca ha creato il “Deathtrap Dungeon”, un percorso pieno di trappole e mostri, a sua detta impossibile da superare, e ha lanciato la propria sfida a chiunque voglia accettarla. In palio per chi arriverà alla fine del percorso ci sono immense ricchezze, ma la morte attende tutti gli altri.

Il giocatore può scegliere tra due personaggi, un uomo e una donna, per affrontare le inside del Deathtrap Dungeon. Riusciranno i nostri eroi a superare la sfida, vincere le suddette incommensurabili ricchezze e magari usarne una piccola parte per mandare il barone da uno psichiatra di quelli bravi?

La risposta è No. Per quel che mi riguarda, almeno, no. Non prima di raggiungere l’età della pensione.

 

Deathtrap dungeon screenshot 2

Questo accade in questo gioco.
Immagine originale qui.

 

Come ho già detto, Deathtrap Dungeon è un Action in terza persona. Si farebbe presto a dire che i controlli sono terribili, o che lo è la telecamera, ma mi sembra una spiegazione molto sbrigativa, che non evidenzia cosa non va davvero.

Il personaggio ha un sistema di controlli oggettivo (premi a destra, il personaggio si volta alla sua destra, a prescindere dalla visuale), e la telecamera cerca quasi sempre di restare a spalla (il che va bene). Il grosso delle stanze sono piccole, i corridoi sono stretti e pieni di curve brusche e ogni tanto il gioco decide spontaneamente di lanciarsi senza preavviso in qualche panoramica ardita, ma muoversi, bene o male, funziona. Almeno finché si deve solo esplorare senza troppa fretta.

 

I veri controlli con dei problemi sono quelli per il combattimento, e i combattimenti in generale sono un discreto pugno nei denti se ci finite dal verso sbagliato. Le meccaniche cercano di essere un po’ posizionali, ma non esiste un “aggancio” o niente di simile, e lì casca l’asino.

Si attacca tenendo premuto un tasto e premendo una direzione (quindi si colpisce di fatto solo da fermi), quando si para non ci si può spostare e le uniche armi che fanno più di niente contro gli avversari migliori durano 10-15 colpi e poi si spaccano; ma il problema più grosso è che si è troppo goffi per pensare di non prendere danni, in un modo o nell’altro. Schivare lateralmente non è semplicemente un’opzione (si può fare un passo a sinistra o a destra, ma è lentissimo e cortissimo), e anche solo ruotarsi per allinearsi col nemico non è sempre così scontato; se state circa guardando dalla parte giusta i vostri colpi si reindirizzano un minimo da soli, ma appena avete contro più avversari da più direzioni ogni speranza di tattica va al diavolo, e le uniche opzioni sono spammare o correre.

 

Deathtrap dungeon screenshot 3

Anche questo accade in questo gioco.
Immagine originale qui.

 

Un’altra simpatica caratteristica di Deathtrap Dungeon è accopparvi di tanto in tanto con trappole impossibili da prevedere e da evitare o con nemici sostanzialmente (o effettivamente) indistruttibili. Di veri “vicoli ciechi” non ce ne sono, ma sta di fatto che se andate da qualche parte senza prima fare caso a qualcosa, o attivare qualcosa, o essere prima andati da un’altra parte, vi troverete riversi in una pozza del vostro stesso sangue prima di realizzare con che tasto voltarvi per darvela a gambe.

Se pensate che Demon’s Souls abbia delle bastardate, fate conto che qui, sopra al primo scrigno del gioco, raggiungibile nel livello tutorial in un percorso secondario disattivando una parete energetica e facendo un salto non banale, c’è una palla da demolizione pronta a sbrindellarvi qualora doveste – stupidamente – pensare che il primo scrigno del gioco, raggiungibile nel livello tutorial in un percorso secondario disattivando una parete energetica e facendo un salto non banale, è lì per essere aperto e basta. Voglio dire, siete stupidi o cosa?

 

Va dato credito agli sviluppatori di averci messo parecchia immaginazione, nei vari modi in cui calpestare la vostra anima. C’è una sorprendente varietà di nemici e trappole, per soli 9 livelli, e nessun ambiente, tutto sommato, sembra un semplice riciclo di sezioni prese altrove.

Questo non è assolutamente un gioco senza level design, e neanche uno con un brutto level design. Semplicemente, il level design è studiato apposta per demolirvi, nel corpo e nello spirito.

 

Deathtrap Dungeon

Se vi state chiedendo “come speravano di vendere qualche copia”, avete davanti una buona percentuale della risposta.
Immagine originale qui.

 

Appena ho iniziato a giocare, ammetto di non averci capito assolutamente nulla; poi man mano ho cominciato a familiarizzare coi controlli, con i movimenti del personaggio e dei nemici, con l’ambiente circostante e con tutti gli oggetti e le funzioni – tipo l’inventario – che sapevo dovevano essere da qualche parte, ma che il menu interno al gioco non menzionava neppure (*ah-em*).

I salvataggi sono disponibili solo in determinati punti, ma sono relativamente frequenti. Posso accettare di dover lavorare un po’ all’inizio. Posso accettare di dovermi orientare in ambienti abbastanza grandi e non lineari. Posso accettare di dovermi inventare degli exploit e di fare economia di risorse. E posso anche accettare qualche morte vigliacca, se il checkpoint non è smisuratamente lontano.

 

Quello che mi dà fastidio è quando il gioco inizia a creare dei vicoli ciechi senza ragione. Quando ti butta in una stanza così bastarda che anche se sai perfettamente cosa sta per succedere, sei ben equipaggiato e ti prepari un piano d’azione, continui inesorabilmente a morire, perché i nemici diventano esagerati, i controlli ti tradiscono una volta su due e la tua hitbox è larga come un autotreno.

Non dico di essere un fenomeno, ma di giochi più o meno di questo tipo ne ho fatti parecchi, e in generale me la cavo abbastanza; eppure già dal secondo livello (il secondo!) dovevo ripetere quasi ogni tappa tra un salvataggio e l’altro almeno due o tre volte, e questo quando avevo già capito in che direzione andare prima di volta in volta.

 

Deathtrap dungeon screenshot 4

Un po’ troppo spesso ci si sente come un goffo elefante circondato da tigri, che continuano a saltarvi intorno e graffiarvi mentre vi dimenate scompostamente e tirate testate al niente. Non è una posizione particolarmente divertente.
Immagine originale qui.

 

Deathtrap Dungeon non è un gioco “brutto” nel senso stretto del termine. Grafica in quanto tale permettendo, si nota un alto livello di cura per i dettagli, c’è molta atmosfera, c’è molta varietà e di sicuro non ci si annoia. Solo che è assurdamente difficile, persino per l’epoca. I controlli non sono all’altezza del livello di sfida a cui siete sottoposti, e già dopo un’ora e qualcosa si comincia ad andare avanti strisciando con le unghie.

Se avete poca manualità o predisposizione mentale a meccaniche molto poco elastiche e controlli con cui combattere, o se siete inclini a ragequit violenti, tanto vale che lasciate perdere e basta. Se avete tanto tempo a disposizione e tanta voglia di accettare una sfida fuori dalla portata dei più, questo non è un brutto acquisto. E, in ogni caso, preparatevi una tazza di thè, perché ogni sessione di gioco sarà una guerra di trincea.

 

Deathtrap Dungeon è disponibile sia su Steam che su GoG; ho provato quest’ultima versione (giusto perché è quella più a buon mercato), e sorprendentemente non c’è l’ombra di problemi di compatibilità. Esiste anche una versione PlayStation 1, uscita addirittura prima di quella PC, ma so che su console sono stati tagliati o cambiati alcuni contenuti, soprattutto per limiti di spazio (e dio solo sa come gira e come si controlli questa roba su PS1).

Alla prossima.

Lorenzo Forini
Sono nato a Bologna nel 1993, videogioco da sempre, e da sempre mi ha affascinato l'idea di andare oltre al solo giocare, di cercare di capire cosa c'è nascosto in ogni titolo dietro al sipario più immediato da cogliere. Se i videogiochi sono una forma d'arte, forse è il caso di iniziare a studiarli davvero come tali.

2 Responses to “Deathtrap Dungeon – Benvenuti all’inferno”

  1. Marco ha detto:

    Ho il demo per PS1 ed in questo periodo di quarantena sto rispolverando vecchi giochi. Quanti ricordi venti anni fa ormai.. Voglio trovarlo originale per ps1, anche se lo scaricherò può darsi pure su steam per piccí.
    Il suo esser schifosamente difficile e complicato mi fa simpatia e nevrosi allo stesso tempo..
    Bell articolo complimenti!

  2. Thomas H. Carpenter ha detto:

    Io lo avevo per Play station. Mi ricordo solo la spada “venefica” e mi chiedevo perche non potesse essere semplicemente la spada velenosa… vabbeh

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