Dopo l’ottimo, seppur non privo di difetti, Deus Ex: Human Revolution, le aspettative per Mankind Divided erano sicuramente molto alte, e se realizzare un buon gioco è difficile, ripetersi forse lo è ancora di più. Le potenzialità per un capolavoro ci sono tutte: un’ambientazione cyberpunk dal background interessantissimo, meccaniche di gioco che nei precedenti capitoli della serie hanno dimostrato di saper catturare il pubblico e un team di sviluppatori che ha sempre saputo curare adeguatamente il comparto tecnico. La domanda, però, è: sono state pienamente sfruttate queste potenzialità?

Mechanical apartheid

Sempre stato presente in tutti i capitoli della serie, in Mankind Divided il “mechanical apartheid” assume un ruolo più centrale che mai. Il conflitto tra umani potenziati e umani naturali è ormai incontrollabile: in un clima di maniacale razzismo, i potenziati sono discriminati, ghettizzati e sottomessi. Adam Jensen, il protagonista, che da un lato è un agente antiterrorismo della Task-Force 29 ma dall’altro è anche un potenziato, decide di tornare in azione per indagare su un attento alla stazione di Praga in cui rimane coinvolto.

La trama principale è di pregevole fattura, ottimamente scritta e interessante per buona parte dell’avventura, con qualche calo solo sul finale, su cui si può comunque chiudere un occhio senza problemi. Il vero fiore all’occhiello di Deus Ex: Mankind Divided, però, è tutto ciò che fa da sfondo alla storia. Dai numerosi dettagli che possono essere colti ovunque e in qualunque momento durante l’avventura, leggendo mail o ascoltando conversazioni, ci si trova immersi a capofitto nel mechanical apartheid. Il risultato è un’ambientazione riuscitissima, che stuzzica la curiosità del giocatore e indirettamente lo pone di fronte a complessi dubbi morali trattando in modo sopraffino tematiche estremamente molto interessanti.

Potenziato è meglio

Se volessimo riassumere il gameplay di Mankind Divived in una frase, potremmo dire che prende tutto ciò di buono che già c’era in Human Revolution, lo rielabora e lo potenzia per minimizzarne i punti deboli, per poi aggiungerci, infine, nuove interessanti caratteristiche.

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Ancora una volta, la libertà d’approccio è uno dei pregi maggior del gioco. Il level design incredibilmente curato e ottimamente realizzato consente di scegliere tra tantissimi diversi percorsi per arrivare all’obiettivo, consentendo al giocatore di poter esprimere al massimo il proprio stile di gioco, qualsiasi esso sia, più sul versante stealth, più sull’action, o magari un misto tra i due. Come nel precedente capitolo, Adam può essere potenziato man mano che prosegue nell’avventura, ottenendo punti esperienza e spendendo i necessari kit Praxis. Le abilità a disposizione sono aumentate rispetto a Human Revolution e permettono di plasmare il protagonista secondo le proprie esigenze. È tutto nelle mani del giocatore, che può scegliere se specializzarsi nell’hacking, nell’utilizzo di armi letali oppure perfezionando le proprie tecniche di infiltrazione silenziosa.
Non solo libertà d’approccio, ma anche di movimento, dato che è possibile spostarsi liberamente tra le aree di gioco, per completare le missioni secondarie, andare a caccia di attività secondarie ed extra, o anche semplicemente esplorare il mondo che ci circonda.

Nel riadattamento della mappatura dei controlli, ora più intuitivi e pratici, è stata dedicata grande cura anche al sistema di ripari. Con la pressione di un tasto è possibile nascondersi dietro ad una copertura, dopodiché sporgersi per sparare o eventualmente sgusciare di riparo in riparo per aggirare il nemico o portarsi in una posizione di tiro migliore. In generale, le fasi sparatutto ora funzionano molto meglio che nel capitolo precedente, restituendo al giocatore un feeling migliore; peccato, soltanto, per un’intelligenza artificiale dei nemici non eccellente.

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Restando in tema fasi sparatutto, Eidos Montreal ha messo mano anche ad un altro dei difetti maggiormente evidenziati e criticati di Human Revolution: le boss battle, che spezzavano eccessivamente il ritmo di gioco con combattimenti fuori luogo soprattutto per i giocatori che puntavano a run stealth e non letali. In Mankind Divided, fortunatamente, questo problema è stato corretto alla grande: gestendo oculatamente i dialoghi e utilizzando l’arma più letale a disposizione di Adam Jensen, la persuasione, è infatti possibile addirittura evitare del tutto gli scontri con i boss.

Dentro la breccia

Mankind Dived offre anche un’altra modalità di gioco, chiamata Breccia, in cui vestiamo i panni di un hacker. Nei vari livelli, occorre innanzi tutto violare telecamere, torrette e sistemi informatici, per poi arrivare all’obiettivo, cercando di non essere scoperti e utilizzando tecniche non letali per massimizzare il punteggio (poi confrontabile con quello degli altri giocatori). Anche in questo mini-gioco, come nell’avventura principale, è possibile potenziare le proprie abilità e sbloccare potenziamenti monouso utili per superare i livelli più difficili. Questi oggetti, tuttavia, possono anche essere acquistati con soldi reali. Le microtransazioni in un gioco che viene venduto a prezzo pieno sono sempre sbagliate; fortunatamente, però, in questo caso specifico sono legate solo ad una modalità di gioco separata dall’avventura principale e offrono solo facilitazioni e nessun oggetto esclusivo, motivo per cui possono essere facilmente ignorate.

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In futuro, probabilmente arriveranno anche altri livelli per questa modalità, che potranno sicuramente essere utili per prolungare l’esperienza di gioco con Mankind Divided ed aggiungere nuove ore di gioco all’avventura principale, di per sé non particolarmente longeva, anche se caratterizzata da un elevato tasso di rigiocabilità.

Meccanica artistica

Anche dal punto di vista grafico, il lavoro dietro Mankind Divided non può che essere elogiato. L’aspetto estetico delle ambientazioni di gioco è lo specchio della società che le popola: colori più cupi e quartieri fatiscenti nei ghetti abitati dai potenziati che fa a pugni con una luce molto più chiara ed ambienti quasi asettici location diverse. Questa varietà di colori, ulteriormente messa in evidenza dall’ottimo sistema di gestione dell’illuminazione del nuovo motore grafico Dawn Engine, è accompagnata da texture ad alta risoluzione davvero ottimamente selezionate. Peccato per modelli poligonali non altrettanto ben realizzati, ad eccezione di quello del protagonista.
Azzeccatissima anche la scelta delle tracce che compongono la colonna sonora. Buono il doppiaggio in italiano, anche se il lip-sync non è dei migliori, risultando piuttosto fastidioso, anche se generalmente trascurabile, in alcune scene.

Il commento di Giovanni John Improta

Deus Ex: Mankind Divided è un acquisto obbligato per tutti coloro che hanno già apprezzato il precedente Human Revolution e non deluderà gli amanti dell'action stealth e dello sci-fi, grazie a meccaniche di gioco ed un level design straordinario che offrono un'elevata libertà d'approccio e ad un setting geopolitico curato nei minimi dettagli

9
GAMEPLAY
Grande libertà d'approccio e level design eccezionale
9
COINVOLGIMENTO
Trama principale interessante, ma soprattutto una caratterizzazione dell'ambientazione di gioco eccellente
8.8
LONGEVITÀ
Avventura principale discretamente longeva, con un elevato tasso di rigiocabilità e modalità di gioco extra
9
GRAFICA
Comparto grafico ed artistico ottimo, con qualche difetto generalmente trascurabile
8.8
SONORO
Ottima colonna sonora e buon doppiaggio, peccato per un lip-sync imperfetto
0.1
BONUS
Piccolo bonus per Eidos Montreal che ha saputo guardare con occhio critico Human Revolution, correggendone magistralmente i maggiori difetti
8.9 MEDIA + 0.1 BONUS = 9 TOTALE
  • Level Design straordinario
  • Ambientazione curata nei minimi dettagli
  • Elevata libertà d'approccio
  • IA dei nemici non eccellente
  • Lip-sync imperfetto

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