Microsoft ci prova per prima in Cina

Da alcuni mesi in Cina non è più in vigore la legge che sostanzialmente proibisce la vendita di console per videogiochi di produzione estera, e per questo si è iniziato a parlare della possibilità che Sony e Microsoft entrassero in quel nuovo mercato. L’azienda americana soprattutto non sta perdendo tempo, ed è già passata dalle parole ai fatti.

Xbox One uscirà infatti in Cina il 27 settembre prossimo, cioè fra meno di due mesi. Saranno disponibili al lancio Forza Motorsport 5, Kinect Sports Rivals, Powerstar Golf, Zoo Tycoon, Max: The Curse of Brotherhood e “altri”. In seguito si prevede arrivino anche Sunset Overdrive e Halo: The Master Chief Collection. Sono stati contattati sviluppatori locali per realizzare titoli in esclusiva, ci si è accordati con un’emittente per la distribuzione sempre tramite Xbox One di vari prodotti televisivi e multimediali e l’offerta finale includerà anche vari titoli free-to-play (molto popolari nel paese), tra cui Neverwinter Online, che in Cina sarà esclusiva della console Microsoft per i primi sei mesi dopo l’uscita.

Xbox One da sola, sembrerebbe senza Kinect, costerà ¥3,699, cioè $599 (448€), mentre i giochi AAA retail saranno venduti al prezzo di ¥249 l’uno ($40, 30€) e l’abbonamento Gold (si suppone annuale) sarà disponibile per ¥199 ($32, 24€). Sarà comunque anche in vendita una Day One Edition limitata della console, che include Kinect, un controller a tiratura limitata, Kinect Sports Rivals, Forza 5, una pack di contenuti per Neverwinter Online e Powerstar Golf con crediti in-game, il tutto a ¥4,299 ($697, 520€).

 

Xbox One China

 

Il lancio ufficiale di una console estera moderna in Cina meriterebbe molte riflessioni, ma mi limiterò a fare presenti le principali ragioni per cui lo si deve considerare tanto un evento storico quanto un enorme azzardo per chiunque voglia tentare.

La suddetta legge che impediva l’importazione di console era in vigore dal 2000, e questo fa di Xbox One la prima macchina da gioco straniera a toccare ufficialmente terra in Cina dopo 14 anni. Questo significa che Microsoft avrà, almeno per un po’, campo libero sul livello a cui ha deciso di viaggiare come offerta e prezzi. Ma significa anche che per 14 anni i videogiocatori cinesi si sono arrangiati diversamente, e ora bisognerà convincerne almeno una parte a cambiare abitudini.

In primo luogo, bisogna notare che l’ingresso in Cina di una compagnia estera non è ancora completamente “libero”. I cavilli legali esatti non li conosco, ma da questo e alcuni altri casi si evince che di fatto è ancora obbligatorio sottoscrivere una partnership con una compagnia locale per poter introdurre i propri prodotti da fuori. Ad esempio, Activision si è accordata con ADS per distribuire una versione PC free-to-play di Call of Duty; Microsoft, per tutto il proprio settore console, si è affidata a BesTV. Senza indagare sulle ragioni politiche, chiaramente questo pone ancora dei forti limiti, che difficilmente faranno arrivare più di qualche grande publishercon dei progetti seri a lungo termine per questo nuovo mercato.

 

Guardando al prezzo abbastanza proibitivo, è evidente che Xbox One non venga venduta come “console per la massa”, perché il costo del solo apparecchio è probabilmente ben superiore al salario mensile di un operaio o di un contadino (il reddito annuo pro capite del paese l’anno scorso era di circa $6’800, di contro ad esempio ai $34’600 dell’Italia, che pure non è certo alle prime posizioni). Microsoft non vuole vendere milioni e milioni di Xbox One in Cina, vuole venderne decine o al massimo centinaia di migliaia, ovvero sta puntando alla fascia “ricca” del paese, che non è sicuramente la maggioritaria. Potrebbe funzionare, ma non è per niente scontato, anche se sicuramente le vendite dell’hardware non sono in perdita, quindi se si escludono pubblicizzazione, contratti esclusivi e simili in fin dei conti ogni console piazzata è già di per sé un introito.

Questione ben diversa è quella che riguarda la pirateria, che nel paese dilaga oltre misura. È noto che per anni diverse console (PS2 e PSP in particolare), seppure ufficialmente non in vendita, sono girate ampiamente tramite importazioni semi-legittime, tutte cracckate e con diffusione a macchia d’olio di copie illegali dei giochi. Xbox One si dimostrerà a prova di copia, oppure due mesi dopo l’uscita si troverà già nelle bancarelle una versione taroccata della console venduta a metà del prezzo e che fa girare copie dei giochi messe su hard disk, o qualcosa di simile? La maggiore complessità della macchina potrebbe non bastare in un ambiente talmente indirizzato sulla strada della pirateria da così tanto tempo da averne fatto praticamente un’industria.

 

Un ultimo, grande dubbio riguarda i titoli che sarà possibile vendere nel Paese. Benché le frontiere siano state aperte, non mancano svariate limitazioni semplicemente inevitabili. Tutti i videogiochi distribuiti in Cina devono seguire una precisa serie di regole, in maggioranza volte a non far apparire sotto una luce negativa il paese, ma non solo. Sono vietati per esempio tanto i titoli a tema gioco d’azzardo quanto quelli che potrebbero “minacciare l’unità nazionale, la sovranità e l’integrità territoriale”, oppure “disturbare l’ordine sociale”, o ancora “promuovere la diffusione di superstizione o culto del sovrannaturale”. Battlefield 4 non è stato accettato perché “oltraggiava l’immagine della Cina e metteva in pericolo la sicurezza nazionale”, per dirne una.

Questo significa che per ogni gioco ci si trova in un campo minato di cosa potrebbe essere accettato e cosa no. Se ci fate caso dalla line-up di lancio mancano tre importanti esclusive console di Xbox One, cioè Dead Rising 3, Ryse e Titanfall, immagino perché si sapeva si sarebbe potuti incorrere (o sei è incorsi) in qualche discrepanza con l’ufficio che deve approvare i giochi prima che siano messi in vendita. Probabilmente i giochi molto violenti, con smembramenti e che vogliono essere cruenti apposta non verranno accettati, e per tutti quelli con della violenza in generale si rischia di cadere in una zona grigia di dubbio.

Lorenzo Forini
Sono nato a Bologna nel 1993, videogioco da sempre, e da sempre mi ha affascinato l'idea di andare oltre al solo giocare, di cercare di capire cosa c'è nascosto in ogni titolo dietro al sipario più immediato da cogliere. Se i videogiochi sono una forma d'arte, forse è il caso di iniziare a studiarli davvero come tali.

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