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A difesa di Thief: per chi sa già a prescindere che tutto quello che vede fa schifo

Tutto cominciò nel 1998, con un gioco che nel corso dei due anni e mezzo di sviluppo fu modificato pesantemente nel concept almeno due volte, la cui terrificante IA fu aggiustata in corsa ad appena tre mesi dalla data d’uscita e di cui il team di sviluppo stesso per gran parte del tempo non pensava potesse essere salvato. Sì, sto parlando davvero del primo Thief.

 

La prima versione di quello che poi divenne “Thief: The Dark Project” si chiamava “Dark Camelot” e doveva essere un RPG ad ambientazione arthuriana focalizzato sul combattimento con spada (e, tra le altre cose, comprendente una modalità multiplayer); curiosamente ad occuparsene era un personaggio destinato a diventare parecchio famoso, ma decisamente non grazie a Thief: Ken Levine. Dopo più di un anno di sviluppo ci si iniziava a rendere conto delle difficoltà che il primo concept comportava, e il gioco fu fatto diventare più incentrato sul rubare che sul combattere; il titolo era diventato “The Dark Project”. Non passò ancora molto prima che però, principalmente per problemi finanziari, una buona metà di Looking Glass Studio se ne andasse, Levine e lead programmer (Briscoe Rogers) inclusi.

Tom Leonard, già parte del team, assunse il ruolo di lead programmer. Il gioco ora bene o male c’era, anche se era completamente diverso dal primo concept di Levine, ed era qualcosa a metà tra un RPG alla The Elder Scrolls e il definitivo Thief. Il grosso dei problemi erano nell’IA, che sembrava irrecuperabile. Ci vollero mesi di studio per arrivarne a capo, ma il tempo a disposizione non era infinito. Così, si decise che il prezzo per riuscire a raggiungere un qualche tipo di risultato funzionante e completo era l’eliminazione di tutta quella serie di cose che il gioco originariamente prevedeva e che di fatto lo rendevano un RPG, tra le altre un inventario molto più complesso e un sistema non lineare di missioni. Quindi, per ragioni puramente di problematiche e di tempo, “The Dark Project” passò dall’essere un RPG incentrato sull’elemento stealth ad una sorta di FPS a missioni consequenziali incentrato sui furti. Per meglio inquadrare il nuovo concept il titolo fu cambiato ancora, in “Thief: The Dark Project”, questa volta per non essere poi più toccato. Quando furono realizzati dei proof-of-concept l’IA, riscritta per i 4/5 da Leonard, a malapena funzionava, e Leonard stesso parlava del prodotto nel suo complesso come di “un gioco [che] non si poteva definire divertente”.

Il team continuò, ora che gli obiettivi e le aspettative erano stati decisamente ridotti, a rifinire il prodotto, e a circa tre mesi dalla data d’uscita prevista le cose, per la prima volta, iniziavano a funzionare per davvero. Come riporta Leonard, gli sviluppatori iniziavano a pensare che Thief “non facesse schifo, [e] che in effetti potesse essere divertente”. Grazie a un’ondata di entusiasmo per i risultati ottenuti i lavori proseguirono serenamente e a passo spedito. Nel novembre 1998, dopo due anni e mezzo di sviluppo e una spesa totale di circa 3 milioni di dollari, Thief uscì, e fu un successo commerciale, di pubblico e di critica.

 

Se pensate possa essere interessante saperne di più su come avrebbe dovuto essere Thief, qui ci sono i trailer sia per Dark Camelot che per The Dark Project.

 

 

 

 

Mi dispiace se questo lungo preambolo storico vi ha annoiato, ma l’ho messo qui per una ragione: far capire a tutti, e soprattutto a chi non fa altro che lamentarsi per tutto (di cui internet sembra ormai essere la casa), che parlare in anticipo e da fuori dei contesti è tanto facile, ma non serve a niente.

Pensate se nel 1998 ci fosse stato un internet attivo come quello di oggi, con NeoGAF e tutto il resto. Probabilmente nel 1997, alla notizia che il gioco stava passando dall’essere un RPG non lineare ad un FPS lineare, tutti si sarebbero messi ad urlare che gli sviluppatori lo stavano “castrando” perché volevano “milkare il pubblico di Quake”, o qualche altro delirio del genere. Con la partenza di Levine, un sacco di persone avrebbero detto qualcosa nell’ordine di “Se se ne va l’ideatore, il progetto per me è morto. Sarà di sicuro uno schifo”. E se uno di quei proof-of-concept fosse apparso su YouTube per un leak tutti avrebbero urlato che era un gioco scandaloso, che quel video confermava quello che era “ovvio” ormai da tempo e che Thief non era in nessun modo da comprare. La pressione e una reazione così negativa da parte del pubblico avrebbe pututo persino portare il publisher a far interrompere i lavori.

Insomma, cosa avremmo ottenuto se la “voce del popolo” si fosse fatta sentire per il primo Thief?

 

Thief: The Dark Project è un caso, ma ce ne sono tanti altri che potrei citare. La verità è che durante lo sviluppo di giochi complessi e che prevedono concept o tecnologie innovative per il loro tempo le cose sembrano andare storte più delle volte in cui sembrano andare dritte. Ma questo non ha necessariamente effetto sul risultato finale, o almeno, non ha un effetto negativo.

Giudicare un gioco che non si è provato attaccandosi a singoli elementi che non sembrano adatti è ridicolo, perché si dà per scontato che nella dinamica del gioco quell’elemento stia bene in un certo modo, quando la verità è che non se ne ha la minima idea.

Mi immagino tutti i siti riportare la notizia che “The Dark Project sta subendo un deciso taglio di contenuti”, e sotto il fiume degli indignati: “OK, che cosa ci date quindi: un RPG senza inventario, senza missioni, senza livelli? No, grazie”. E ancora “È incredibile come a queste persone sia permesso di fare giochi. Prima la sparano alta, promettendo mari e monti per abbindolare chi possono, poi sono costretti a scappare con la coda tra le gambe perché non sono capaci di realizzare le promesse che loro stessi hanno fatto. Soldi da me non ne avrete, questo gioco sarà un disastro.”

 

Thief: The Dark Project (1998).
Immagine originale qui

 

 

Curiosamente, il nuovo Thief sembra stare subendo questo stesso “processo virtuale” che io ho ipotizzato per il capostipite della serie. La storia evidentemente non insegna nulla.

E la cosa ancora più comica è che in questo caso, più di quanto succede di solito, molti non provano neanche a dare una motivazione razionale alle critiche. Quella più generalizzata e declinata in più varianti è che il nuovo Thief “non è fedele agli originali”, e questa fa un po’ da pietra angolare per tutte le altre, letteralmente qualsiasi cosa, che in essa trova giustificazione. Il bello è che nessuno riesce veramente a dimostrare questa tesi in modo convincete, e per una semplice ragione: non sappiamo abbastanza del gioco per poterlo dire, perché per un titolo particolare come Thief il gioco va provato, provato e provato ancora per capire se il gameplay è “fedele agli originali”.

 

Se Thief è sul banco degli imputati e la “community” sembra essere in maggioranza intenta a fare l’avvocato dell’accusa, oggi voglio provare a fare quello che normalmente dovrei evitare di fare: l’avvocato della difesa. Non lo faccio perché sono convinto che il gioco sia valido – non ne ho la minima idea, visto che ovviamente non l’ho giocato – ma perché so che non possiamo definirlo “colpevole” di quelle cose di cui lo si sta accusando ora, e vorrei che arrivassimo a valutarlo senza preconcetti costruiti sul nulla.

Non posso ovviamente controbattere OGNI singola cosa che si è detta su Thief, ma ho letto diverse discussioni e cercherò di riassumere le critiche che ho visto più spesso e quelle che generalmente sembrano attecchire di più.

 

Come ho detto, alla base di tutto c’è l’affermazione fondamentale:

Per poter ribattere a questo punto, però, devo prima discutere singolarmente tutte le sotto-tesi portate a suo sostegno.

 

Sconvolgentemente falso. In primo luogo perché come è stato ormai ribatido più volte la difficoltà sarà completamente regolabile, e saranno impostabili cose come “game over se si viene scoperti”, che nei vecchi giochi erano relegati alle difficoltà più alte, o altre opzioni ancora più folli che nei vecchi giochi non c’erano proprio (tipo il permadeath).

Detto questo: io non so quali Thief abbiate giocato voi, ma nei miei c’erano una spada, un manganello, diverse frecce con fine offensivo (scriptate per uccidere sempre in un colpo se tirate da non visti), granate a gas e addirittura delle mine di terra. Sì, mine di terra. Sono abbastanza “ghost”?

La questione si risolve molto semplicemente, in realtà. I vecchi Thief potevano essere presi in due modi, entrambi ancora considerabili stealth: “stordisco dei nemici senza farmi notare”, magari con l’aggiunta di “uccido i nemici che non si possono stordire per sempre” – cosa che praticamente mai il gioco impediva di fare, anche alla difficoltà più alta – o “striscio da un’ombra all’altra senza farmi vedere”, la scelta di sicuro più difficile, lunga e snervante. Non facciamo finta che nel primo gioco quelle fontane benedette ti venissero date per bellezza, e non per infreccettare gli zombie in modo da ucciderli per sempre.

È stato ripetuto fino allo sfinimento che qui le due possibilità sono esattamente le stesse, e nulla, NULLA, indica che in realtà la situazione potrebbe essere diversa. Chiunque affermi che nei vecchi Thief era obbligatorio essere al 100% silenzioni o non li ha mai davvero giocati o fa parte di quel forse 5-10% di giocatori che sono riusciti a completare il gioco da spettri completi, e che comunque si rendono conto di quanto fosse difficile e si “dimenticano” ora di farlo presente.

Fare i fighetti e dire in giro “una volta i nemici li evitavi, non li ammazzavi” mette poi solo in evidenza quanto poco si capisca del cambiamento nel corso del tempo nelle difficoltà medie dei videogiochi. Sono pronto a scommettere che essere spettri completi in questo nuovo Thief sarà infinitamente più facile che nei vecchi, e questo non può che portare più gente a provarci e a riuscirci. Ergo, è esattamente il contrario di quanto viene detto: è probabile che alla fine più gente “ghosterà” il nuovo Thief di quanti non ci siano davvero riusciti con l’originale.

 

Questa è una di quelle affermazioni a cui è impossibile rispondere, perché “mainstream” vuol dire tutto e niente. Posso però far notare che nei primi due Thief la copertina di gioco, in base alle critiche mosse al nuovo Thief, sarebbe decisamente definibili “mainstream”:

 

“Thief è un gioco in cui rubi, non ammazzi i nemici”. Bell’arco, Garrett.

Ovviamente si tratta di immagini promozionali, e sì, nel gioco Garrett usa l’arco, quindi non c’è nulla che non vada. La mia obiezione è però che se qui non c’è nulla che non va, non vedo cosa ci sia nel nuovo modo in cui è stato presentato Garrett nel futuro Thief. “Oddio, compaiono delle armi! Sacrilegio!”

 

1) In Thief: Deadly Shadows le frecce di corda non c’erano affatto, e non vedo la gente suicidarsi per questa ragione. Se siamo sopravvissuti ad un gioco senza frecce di corda e lo consideriamo ancora un Thief a tutti gli effetti, uno di quelli “veri”, non capisco perché il fatto che qui ci siano ma appaiano più limitate che nei primi due capitoli sarebbe uno scandalo.

2) Non è vero che nei vecchi si potevano usare “ovunque”, semplicemente i punti di utilizzo erano generalmente più ampi come superficie e meglio miscelati nell’ambiente. Non era un “lasciare nelle mani del giocatore” la scelta di dove andare, era esattamente come ora, ovvero era stato studiato che dei 5 modi per entrare nella casa uno era tirare una freccia di corda al sottotetto in legno e arrampicarci sulla finestra. Che di questi punti ce ne fossero molti, poi, è un’altra questione, ma d’altra parte non sappiamo neanche nel nuovo Thief quanti saranno. In Thief 2 poi le frecce di corda si usavano poco, e negli ultimi livelli (sotto forma di frecce di liana, che si attaccavano alle grate) si riducevano esattamente a quello che qualcuno prevede saranno ora, ovvero oggetti da usare in ridotti punti specifici evidenziati chiaramente.

 

È disattivabile dalle opzioni della difficoltà. Se non lo vuoi, non lo avrai. Cosa pretendi di più, che non lo abbia neanche chi lo vorrebbe solo perché tu non lo vuoi?!

 

Questa è una cosa semplicemente impossibile da dire per ora, perché non si sa quali upgrade saranno disponibili e come esattamente si svilupperà il gioco. Al contrario, visto che per acquistare gli upgrade si sarà incentivati a rubare, sarei portato a dire che delle due è la cosa che più fa da assicurazione che l'”ideale” dei vecchi titoli venga perpetrato, al posto di avere tutti che vanno di corsa dall’inizio alla fine della missione.

Ah, e in Deadly Shadows c’era un sistema di upgrade. Alcuni strumenti utili andavano comprati dai negozianti per averli, ad esempio i guanti da scalata (che tra l’altro erano sì una notevole deviazione dal concept di base del gioco).

 

Ancora una volta, io non so quali Thief abbiate giocato voi, ma nei tre che ho fatto io non solo c’è molto di più di “un ladro che ruba per vivere”; diciamo pure che puntualmente Garrett salva il mondo dalla distruzione totale.

Nel primo si unisce ai Martelliti per sconfiggere il Signore Boschivo, che vuole usare l’Occhio per permettere ai demoni di entrare nella realtà di gioco. Nel secondo si infiltra nella fortezza dei Meccanicisti con anche la collaborazione dei Pagani apposta per far fallire il piano di Karras, che vorrebbe convertire tutta la popolazione della Città in automi usando un gas da diffondere nell’aria. Il terzo poi è tutto solo incentrato sulla vicenda dei Custodi e della strega che cerca di usare non so quali manufatti per scatenare dei casini, e lì sì che “il ladro” si fa poco.

Quindi, vedere Garrett coinvolto in una rivolta di popolo ed approfittarne per rubare, dando ogni tanto anche una mano alla fazione dei rivoltosi, direi che è forse la cosa più da ladro che ha mai fatto nel corso di un gioco preso nel suo complesso.

 

In primo luogo, non provate a raccontarmi che giocare sempre in prima persona e vedere in terza per forse due secondi le conseguenze di una mossa che voi avete ordinato “rovina l’atmosfera”. È semplicemente qualcosa di non obbietivamente vero; magari a qualcuno daranno più fastidio, ma a qualcun altro aiuteranno ad immergersi nell’azione ancora di più.

In secondo luogo, ancora una volta, Deadly Shadows è TUTTO giocabile in terza persona, e alcuni momenti (come le scalate delle pareti) sono in terza persona a prescindere, quindi non capisco perché qui dovrebbe essere un problema e lì no.

 

Credo che questo sistemi il grosso della questione “non è un vero Thief”.

Ripeto ancora per chi è duro d’orecchi: non sto dicendo che Thief è bello, non sto dicendo che vale la pena giocarlo, e non sto neppure dicendo che “è un vero Thief”. Sto solo evidenziando come, per quanto sappiamo fino ad ora, nulla dimostra che non lo sia, e impuntarsi sul contrario è un pregiudizio immaturo.

 

Thief: Deadly Shadows (2004).
Immagine originale qui

 

Ci sono poi le critiche generiche che si distaccano da quella base “non è un vero Thief”. Sono obiezioni mosse a un sacco di giochi di questi tempi, ma già che ci sono risponderò anche a quelle.

 

1) Quanto sia effettivamente così, per ora è impossibile dirlo.

2) Ben arrivato nell’ottava generazione di giochi; le cose vanno così da buona metà della settima. Sono almeno sei anni che i giochi tendono ad essere così, chi più chi meno. Potrei criticare tutto quello che è venuto prima dicendo “che schifo, niente sequenze scriptate, sono in un mondo senza un bussola, mollato lì come un idiota”, ma non lo faccio perché non sono ancora ridotto a dover insultare le tendenze storiche per sentirmi vivo. Che piaccia o no è un’altra questione, ma nulla toglie che Thief sta venendo fatto ora, nel 2013, ed uscirà nel 2014, quindi mi aspetto abbastanza che stilisticamente sia identificabile come un gioco del 2013/14, e non uno del 1998/2000.

“Quei perdenti dell’Ottocento, giravano sempre con quelle tube ridicole”. Davvero maturo.

 

Dio, sto veramente rispondendo a tono a chi scrive cose del genere…

Questa, insieme a “i giochi di oggi sono tutti grafica”, è del duo “non sarò mai contento di come è un gioco”. Come è intuibile, se non se ne può usare una si userà l’altra. E qui perdo la pazienza, e l’unica cosa che posso rispondere è “fattene una ragione” – o “deciditi”, che magari suona più chiaro.

Thief è oggettivamente un gioco dal livello visivo come minimo medio, e io direi anche sul medio/alto. La grafica ottima può essere un bonus, ma qui siamo decisamente sopra gli standard dell’accettabile, e il fatto che non sia il top non può rappresentare un malus, oppure ci ridurremmo a dire che tutti i giochi che non sono perfetti in ogni singolo aspetto sono brutti.

È divertente notare che i fan sono pronti a dire “la grafica non è tutto” per un gioco vecchio, ma quando esce quello nuovo all’improvviso la grafica diventa un problema perché non siamo ai livelli di Crysis 3. Compratevi una coerenza.

 

 

Non mi viene in mente altro degno di nota, e se anche mi viene stiamo scendendo a livelli così bassi che preferisco sorvolare e basta.

Se avete qualcosa da aggiungere o da obiettare ovviamente sono qui apposta.