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Crypt of The Necrodancer (PC) – Recensione

Push The Tempo!

Se volevate una conferma del fatto che gli opposti si attraggono, eccovela servita con Crypt of The Necrodancer, interessantissimo prodotto dell’esordiente team indie Brace Yourselves Games. L’anima ponderata e riflessiva dei dungeon crawler si unisce alla necessità di tempismo e rapidità di decisione di un rhythm game, in una miscela mai vista e decisamente divertente, ma scendiamo anche noi nel dungeon a scoprire i punti di forza di questo piccolo gioiello.

Disco Dungeon!

In Crypt of The Necrodancer impersoneremo Cadence (nomen omen), figlia di un famoso cacciatore di tesori scomparso, la quale è appunto alla ricerca del padre quando il cuore le viene strappato dal petto dal malvagio Necrodancer. Per riottenerlo e avere quindi ancora una possibilità di ritrovare il padre, Cadence dovrà scendere nelle profondità della Cripta dove il Necrodancer si nasconde e sconfiggerlo. La storia, per quanto non banale, è assolutamente un elemento secondario, e ci viene narrata negli intermezzi tra una zona di gioco e l’altra, zone che sono in tutto quattro, ciascuna di esse suddivisa in quattro ulteriori livelli, 3 normali e una boss-fight finale. E fin qui parrebbe di trovarsi di fronte all’ennesimo Dungeon Crawler Roguelike, se non fosse per il fatto che notiamo subito come, nella parte bassa dello schermo, sia presente un cuore che batte, il nostro cuore, e dovremo seguire il ritmo del suo battito (e quindi della musica) per spostarci attraverso i meandri della Cripta. L’essere obbligati a seguire il ritmo per spostarsi trasforma totalmente l’anima di un genere classicamente ponderato, rendendolo decisamente più frenetico e istintivo: fermarsi o perdere il ritmo può rivelarsi fatale per le nostre scorte auree, necessarie per acquistare oggetti dal mercante presente in ogni quadro, saremo quindi costretti non solo a restare sempre in movimento, ma anche a tenere le orecchie aperte e abituarci subito al ritmo del sottofondo presente nel livello.

Le profondità della Cripta assumono ben presto le fattezze di una vera e propria dancefloor, con tanto di riquadri del terreno che si illuminano a tempo, nella quale la nostra eroina e i minion presenti si sfidano in una danza fatale a ritmo di musica. Geniale. La difficoltà, procedurale, aumenta man mano che completiamo le diverse zone, ed è suddivisa in due variabili precise: non saranno solo nemici più numerosi e letali il nostro problema, ma anche il ritmo della musica, che si farà sempre più incessante e talvolta anche variabile, costringendoci a run sempre più veloci e attente dal punto di vista ritmico.

Its dangerous to go alone…

Dopo un breve tutorial in cui verremo introdotti allo stile di gameplay del gioco, che richiede il semplice impiego delle frecce direzionali o di un dance pad, ci ritroveremo nella lobby, il nostro punto di partenza e di ritorno alla fine di ogni run.

 

Da qui potremo accedere alle varie zone del mondo di gioco, partecipare alla daily challenge, un dungeon da completare in una singola run identico per tutti i giocatori, selezionare il personaggio da utilizzare (oltre a Cadence ne sono presenti molti altri, sbloccabili e legati alla storia, che possiedono bonus e malus personalizzati), e accedere ad altre stanze che ospitano personaggi che, una volta trovati e salvati nei dungeon, ci venderanno oggetti o ci permetteranno di allenarci per sconfiggere i boss e apprendere. Un’altra componente per cui Crypt of The Necrodancer si distingue dalla massa è “l’onestà” del gioco nei confronti del giocatore: spesso infatti i dungeon crawler ci mettono di fronte avversari troppo potenti o quadri troppo complessi per le abilità del nostro personaggio, obbligandoci a spendere qualche ora in “grinding” per potenziare il nostro alter ego e presentarci quindi pronti di fronte a sfide prima impossibili. In Crypt, invece, saranno necessarie solo un paio d’ore iniziali di “ambientamento” e leggero potenziamento del personaggio per poi permetterci di affrontare qualsiasi sfida il gioco ci proponga. Certo, va detto che il livello di difficoltà è parecchio elevato e saranno necessarie comunque molte run per apprendere i pattern di movimento dei minion e riuscire a completare le zone, ma avremo sempre e comunque una possibilità di completare il quadro senza bisogno di nient’altro che le nostre abilità. In sostanza le nostre morti saranno dovute esclusivamente a nostri errori, e non a livelli tecnicamente impossibili da superare. Anche i boss, per quanto complessi e inizialmente frustranti, hanno tutti un punto debole e starà a voi studiare e individuare la giusta strategia per sconfiggerli, anche grazie alla possibilità di allenarvi tutte le volte che vorrete nella lobby.

 

Jump around!

Una delle chiavi di Crypt of The Necrodancer, ma anche dei Dungeon Crawlers in generale, è la necessità di esplorare più possibile ogni livello, a discapito dei pericoli che si annidano nel buio. La nostra dotazione iniziale consisterà di una spada corta per uccidere i nemici e una pala, con la quale potremo scavare cunicoli nelle mura del dungeon per scoprire stanze segrete o aprire scorciatoie ma attenzione, non tutti i muri possono essere abbattuti dalla nostra pala e colpire uno di questi causerà la perdita del moltiplicatore di monete. Avanzando per i livelli troveremo casse contenenti armi, armature, magie o altri oggetti utili che finiranno nel nostro inventario automaticamente e che saranno utilizzabili premendo una certa combinazione di tasti (sempre a ritmo); diamanti, necessari per acquistare i potenziamenti nella lobby; un mercante, che scambierà i nostri coin per alcuni oggetti generati randomicamente e molto altro. Insomma, l’oggetto giusto al momento giusto può fare la differenza, e imparare a non sprecare quelli più forti sarà fondamentali per una run di successo.

 

Tecnicamente parlando…

Il gioco presenta una grafica in 16-bit semplice ma stilisticamente ben realizzata. Il design dei livelli è caratteristico così come quello dei cinque boss, ben diversificati e caratterizzati. Le musiche, elemento fondamentale del gioco, sono state composte da Danny Branowsky, autore, per esempio, delle musiche di Super Meat Boy, e spaziano dall’elettronica al rock, dal metal al jazz, con ritmi sempre più complessi man mano che si avanza nel gioco. Tutto sommato un’esperienza audio-visiva piacevole e divertente che fa il suo permettendoci comunque di concentrarci soprattutto sulle meccaniche di gioco.