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Lords of Magic – Il passato dimenticato dei Total War

Benvenuti alla prima puntata di questa rubrica… serie… come volete chiamarla. Come forse i più arguti di voi avranno dedotto dalla sottile allusione nascosta nel titolo, il tema è il retrogaming. In ogni post prenderò in analisi un vecchio gioco dimenticato degli anni ’90 o dei primi anni 2000 per dargli nuova voce e per cercare di capire se l’oblio di cui è stato vittima fosse meritato o no.
Nell’articolo di oggi: gli ignoti precursori del genere ibrido strategico/tattico che tanto ci ha fatto sognare per mano di The Creative Assembly.

 

Sette titoli maggiori all’attivo. Tredici anni di vita. Diversi riconoscimenti di critica e di pubblico. Vendite per milioni di copie. Questa è la storia della fortunata serie Total War, creata e sviluppata dallo studio britannico The Creative Assembly. Non c’è alcun dubbio che i Total War, con la loro formula così intuitiva e che allo stesso tempo offre tanta libertà, abbiano dato nuova vita ad un genere, quello degli RTS, in un momento in cui il loro mercato andava ancora abbastanza bene ma mancavano decisamente le idee per qualche innovazione su larga scala.

Gli elementi fondamentali per la copertina di un Total War: truppe in assetto da guerra, un uomo che urla/fissa in modo truce l’acquirente, calamità atmosferiche di varia natura sullo sfondo. Controllare gli altri giochi per credere.

Rome 2 è prossimo ad uscire e a strappare con la forza a molti di noi la poca vita sociale che ancora ci sforziamo di difendere, quindi non vedo momento migliore per guastare un po’ in amicizia la festa a Sega e dare nuova voce al più riuscito di quelli che, in tutti i loro difetti e problemi, potrebbero essere considerati il primi, veri, apocrifi Total War.

Scommetto infatti che in pochi di voi sanno che nel 1994 (ben sei anni prima della pubblicazione del primo Shogun) un gioco basato sullo scheletro della stessa struttura che sarà il marchio di fabbrica dei Total War usciva sul mercato: si chiamava Lords of the Realm, ed era sviluppato dall’altrettanto dimenticata Impressions Games. Nel 1996 venne rilasciato un sequel, Lords of the Realm 2, concettualmente poco diverso dal primo capitolo ma ammodernato visivamente e questa volta pubblicato da un nome davvero pesante per quegli anni, Sierra (che oggi… beh, ha fatto la fine che ha fatto. Dopo TimeShift forse se lo meritava, d’altra parte). E nel 1997, finalmente, uscì il gioco di cui intendo parlare oggi. Poco considerato dalla critica e rapidamente dimenticato dal pubblico, ecco a voi, signore e signori, Lords of Magic.

 

L’ambientazione di Lords of Magic è ovviamente fantasy, ma è uno di quei fantasy bizzarri che fioccavano spesso negli anni ’90 e che mettevano dentro praticamente di tutto. Prendete dei nani e degli elfi bene o male alla D&D (forse un po’ più brutti), delle amazzoni, delle fate in stile Cottingley, dei predoni del caos dall’universo di Warhammer, dei giganti vestiti di turchese, dei cavalli con ali da farfalla, Sir Lancillotto del Lago, qualche ungulato assortito (mitologico e non) e un uomo a cavallo di un’iguana nera gigante, e inizierete ad avere un quadro abbastanza veritiero della situazione.

Ad essere onesti, nel complesso il risultato non è né brutto né artificioso, ma visto con gli occhi di oggi, abituati ad un fantasy molto più standardizzato, non può che essere molto strano. D’altra parte, chi non vorrebbe impersonare un elfo con i tratti somatici di un babbuino a cavallo di un dinosauro verde come l’erba?

 

Passando al gioco vero e proprio, per prima cosa bisogna scegliere una fazione tra le otto disponibili (Vita, Terra, Caos, Acqua, Morte, Aria, Ordine e Fuoco) e per essa un tipo di campione (guerriero, mago o ladro) che fungerà da Lord della razza e da nostro ideale avatar: se lui muore è game over, mentre finché vive c’è sempre speranza. L’obiettivo della partita è semplice: se si controlla una qualsiasi fazione che non sia la Morte, eliminare la Morte; se si controlla la Morte, eliminare la Vita. Intuitivo.

“Signore, Carthagena è assediata dagli Iberi, i Germani ci hanno traditi e dichiarato guerra e la peste sta flagellando le terre di tutto l’Impero! Cosa possiamo fare?! Come-” Oh, scusate. Gioco sbagliato.

Appena si inizia a giocare si notano i primi tocchi à la Total War: il nostro campione, accompagnato da un manipolo minimale di soldati, è posizionato su una raffigurazione in scala della mappa del mondo. Questa è la fase strategico/gestionale del gioco. Ci si può spostare, in base ai punti di movimento dei soldati, e poi si deve passare il turno alle altre fazioni. Quando si entra in un combattimento la mappa passa alla dimensione reale, mostrando il campo di battaglia su cui possiamo muovere le truppe per affrontare gli avversari in tempo reale, esattamente come in un qualsiasi gioco tattico.

Per il mondo, oltre alle otto fazioni, vagano anche degli eserciti indipendenti di unità dedite solo al saccheggio e che non fanno capo a nessun giocatore o Lord. Allo stesso modo gli edifici delle varie fazioni (cioè il centro cittadino e le tre costruzioni per l’arruolamento delle truppe) sono solo una minima parte di tutti quelli sparsi per la mappa: ci sono decine di “dungeon” da liberare con una battaglia per poi sfruttare i vantaggi che offrono a chi li possiede, in termini generalmente di introiti di risorse.

La prima cosa da fare è liberare il Grande Tempio della propria razza, che altri non è che una sorta di dungeon unico per ogni fazione. Una volta fatto sarà possibile iniziare a sfruttare le risorse arruolando nuove unità, e la “fase due” della partita (cioè tutto il resto di essa) potrà incominciare. Quindi si liberano edifici, si arruolano truppe, si sconfiggono eserciti e si stringono alleanze, fino al completamento dell’obiettivo.

Ma c’è molto di più da scoprire.

 

I vecchi giochi, soprattutto quelli gestionali o con logiche complesse alle spalle, spiegavano ben poco di loro stessi. Chiaramente era – ed è – un difetto, che però in certe circostanze poteva trasformarsi in un pregio: non è mai chiaro dove sia il limite reale di quello che si può fare. Lords of Magic è uno di quei titoli che hanno da offrire molto più di quanto si potrebbe pensare a prima vista, perché ogni aspetto della partita è regolamentato e approfondito a livelli davvero incredibili per il genere in fin dei conti sperimentale a cui apparteneva.

Partiamo dei personaggi. Hanno delle statistiche, e combattendo aumentano di esperienza e migliorano. Ma hanno anche due slot per gli oggetti magici. Gli oggetti magici si trovano sconfiggendo eserciti nemici o conquistando edifici non ancora liberati, e in totale sono un numero piuttosto alto, sull’ordine del centinaio. Alcuni oggetti, poi, possono essere usati solo da determinate razze, tipologie di campione o entrambe le cose. Ci sono pozioni da bere per recuperare vita o mana, di cui si può portare un numero superiore a uno occupando un unico slot oggetto. E ci sono pergamene magiche utilizzabili dai maghi come incantesimi extra.

Parlando dei maghi… come tutti gli altri campioni e unità, hanno un livello. Che però non incide su quali incantesimi conoscono. Infatti gli incantesimi vanno prima ricercati nella Biblioteca. Come? Piazzandoci dei maghi, che saranno intenti a tempo pieno allo studio, e scegliendo quale incantesimo si vuole apprendere (che impiegherà più o meno tempo in base alla sua potenza). Una volta completato lo studio l’incantesimo entrerà nell’elenco di quelli conosciuti dall’intera fazione, e da quel momento in poi tutti i maghi passati e futuri di quella stessa razza potranno lanciarlo.

“Spiacente, questo è un circolo privato, solo maghe qui. Prova alle caserme; ho sentito che era in programma una corsa di dinosauri per oggi.”

Perché enfatizzo l’appartenenza alla razza? Perché conquistando la città di un’altra razza si potranno iniziare a creare truppe di quella razza proprio come se fosse la propria, benché appartenenti alla nostra fazione. Questo non pone limiti a quanti tipi diversi di unità si possano utilizzare in un’unica partita, a patto di farsi strada fino ai territori degli altri popoli e di sottometterli.

Ma non si può solo conquistare un’altra fazione: la si può anche inglobare pacificamente. Come? Liberando il suo Grande tempio per primi, quando ancora è un dungeon neutrale che nessun giocatore ha conquistato. In quel caso la fazione suddetta passa automaticamente sotto il nostro controllo, incluso il suo Lord. Che, nel caso muoia il nostro, prenderà il suo posto e non farà finire la partita. Ma questo è possibile solo se si è in buoni rapporti con la fazione di cui si conquista il Tempio, perché se lo stato delle relazioni diplomatiche è neutrale o peggiore l’unico risultato sarà farli arrabbiare ancora di più e vedersi sensibilmente ridotta la possibilità di arrivare ad una convivenza pacifica futura.

 

Se non vi sareste mai aspettati una complessità simile da un titolo che visivamente sembra più una battaglia tra pupazzini inscenata da un bambino che un vero gioco di guerra (sia per grafica che per numero di unità in campo), sappiate che ho solo toccato la punta dell’iceberg. Ogni singolo aspetto di Lords of Magic nasconde sotto l’apparente immediatezza qualcosa che bisogna col tempo comprendere e imparare a gestire.

Ma quello che trovo ancora più straordinario è come spesso i vari elementi della struttura del gameplay vadano ad intrecciarsi, moltiplicando ulteriormente la profondità. Per fare un paio di esempi rapidi, le pergamente magiche di cui parlavo prima, se donate a un mago della razza corrispondente a quella originaria dell’incantesimo sulla pergamena, verranno automaticamente perdute e l’incantesimo entrerà tra quelli noti al giocatore. La magia stessa ha funzioni superiori al facilitare le battaglie: diverse magie sono pensate apposta per essere usate nella mappa strategica, ad esempio per accelerare gli spostamenti delle unità o per alterare la morfologia dei terreni, spianandoli o innalzando montagne. Ed è possibile piazzare un campione in un centro di addestramento dello stesso tipo (ma indipendentemente dalla razza) per arruolare unità e altri campioni con già dell’esperienza in partenza.

Hmm… cavalli rosa che combattono su piastrelle lilla. O è una forma di mimetismo sviluppata dopo secoli di adattamento della specie, o qualcuno ha pesantemente incasinato la palette dei colori in casa Impressions.

 

Il pregio forse maggiore di Lords of Magic è comunque il comparto sonoro, e in particolare la musica. Ogni razza ha un proprio brano di 3-4 minuti per la mappa strategica, mentre durante le battaglie si è accompagnati da un ritmo più incalzante – uguale per tutte le razze – che cambia a seconda dell’esito momentaneo dello scontro (non so perché ma continuo a pensare ai Total War). La cosa incredibile è che anche con un solo brano per razza che si ripete senza tregua non ci si stanca mai di ascoltarlo: alcuni in particolare – Vita e Ordine su tutti – sono così piacevoli e melodici da diventare un naturale sottofondo per la partita, di modo che si finisce per non fare neanche davvero caso alla musica mentre si gioca, che diventa un tutt’uno con l’atmosfera dell’universo in cui ci si muove.

 

Ma non fatevi illusioni: Lords of Magic ha dei difetti, tanti. Molti sono piccoli: un comando che in certe circostanze ha un effetto indesiderato, un counter che si bugga se lo si usa in un certo modo… sono quasi tutte cose che in un gioco di oggi un aggiornamento di Steam da 90 Kb risolverebbe, ma all’epoca era un po’ più complicata (esistono delle patch per il gioco, ma non sono tutte compatibili con tutte le edizioni su disco e so che alcune oltre a togliere problemi ne aggiungono, quindi non mi sono mai addentrato in questo ramo).

Le battaglie non sono all’altezza del termine “battaglie”, se non altro perché la tattica non esiste, è solo un caricare e sperare di essere più forti. Oppure si può glitchare malissimo con la parata e l’attacco pesante grazie alla funzione di pausa. Mi spiego: ogni unità può attaccare normalmente, attaccare più forte (perdendo però difesa) o parare e basta (difendendosi meglio ma non colpendo); quindi se in un corpo a corpo uno contro uno prendo bene i tempi posso dare l’ordine di colpire forte, togliere la pausa, mettere in pausa, dare l’ordine di parare, togliere la pausa, mettere in pausa, dare l’ordine di colpire forte…

Ad ogni modo, c’è una convergenza di vari bug e problemi concettuali in particolare che finisce per incidere davvero sul gioco. In pratica, aprendo il menu il tempo si ferma; tutto ok fin qui. Ma se dal menu apro un sotto-menu il gioco ricomincia ad andare avanti. E se apro un ulteriore sotto-menu si ri-ferma. Insomma, per qualche ragione i menu mettono in pausa la partita solo alternatamente, uno sì e uno no. Visto che durante il proprio turno nessun altro giocatore può muoversi e che durante le battaglie non c’è proprio un menu potrebbe non sembrare una cosa tanto grave. Aspettate.

Dovete sapere che in Lords of Magic il computer bara in modi inconcepibili: genera un un numero infinito di unità teoricamente uniche, dispone delle risorse che ritiene sul momento di dover usare… Se, nelle fasi avanzate del gioco, si sta per attaccare la città di un’altra razza e il proprio turno finisce con il vostro esercito nell’arco visivo di uno degli edifici per la creazione truppe, avete finito di giocare. Durante il turno di quella razza il computer arruolerà una serie infinita di eserciti pieni che vi invierà contro uno dietro l’altro; se non avete truppe che rigenerano automaticamente la vita al termine di ogni battaglia potreste anche chiuderla lì.

Solo che non potete! Perché se aprite il menu l’esercito nemico in marcia verso di voi si bloccherà, ma se fate click su “carica” o su “esci” vi verrà aperta una seconda finestra (per chiedervi o quale file caricare o la conferma per uscire) e il nemico riprenderà a muoversi, vi raggiungerà in un nanosecondo e il menu vi si chiuderà, obbligandovi a combattere. Se morite in battaglia, d’altra parte, potete caricare l’ultimo salvataggio, trovandovi però sempre all’inizio del vostro turno e con piena liberà di muovervi. Quindi, se avete salvato prima di provare a dare l’assalto a una città e il nemico contrattacca la soluzione migliore spesso è… morire.

 

Lords of Magic prevede(va) un qualche tipo di multiplayer, credo locale, che in sostanza metterebbe più giocatori umani al controllo delle varie fazioni, ma non ho mai provato nulla di simile, quindi non dico altro. C’è anche un editor per creare nuove mappe del mondo in cui giocare, oltre alle tre o quattro base che vengono scelte a caso all’avvio della partita. In un gioco dimenticato del 1997, quindi, c’è qualcosa che tecnologicamente parlando nessun Total War può vantare. Giù il cappello.

 

Per riassumere, Lords of Magic è un titolo estremamente profondo e con tantissimo da offrire ma che all’epoca non riuscì ad impressionare probabilmente per via dei difetti tecnici che lo affliggono, soprattutto quelli legati alla gestione degli scontri in tempo reale. E’ un gioco che richiedeva tanta pazienza allora e che ne richiederebbe ancora di più oggi, in un’epoca in cui tutto deve essere immediato e immediatamente fruibile da tutti, ma per chi ha voglia e tempo di esplorare un universo fantasy perfettamente inquadrato in un conflitto su larga scala potrebbe rivelarsi una piacevolissima sorpresa.

 

In chiusura non posso non spendere neanche una parola per la Lords of Magic: Special Edition, una versione leggermente migliorata del gioco (soprattutto in termini di IA nemica sul campo, ma che non va neppure vicina a “sistemare” le battaglie; semplicemente evita che diventino ragione di imbarazzo) e con incluso un pack di quattro mini-campagne aggiuntive chiamato Legends of Urak. Adattare un titolo tattico ad un sistema di quest raramente ha funzionato così bene, ed è un peccato che sia praticamente impossibile finire le campagne per via della difficoltà illogica che si affronta verso la fine di ognuna.

C’è anche una quinta campagna segreta, attivabile facendo click al centro del menu di selezione della razza, che ci vede impersonare nientemeno che Sigfrido della saga dei Nibelunghi.

Che affronta Attila l’Unno.

Il quale cavalca una tigre siberiana albina.

Ok, alla prossima.