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The Bard’s Tale – It’s bad luck to be you

RetroGaming è una rubrica che guarda al passato dei videogiochi per rapportarlo al presente – in altre parole, pesco un vecchio gioco che conosco da più o meno tempo e cerco di analizzarlo sia inquadrandolo nella sua epoca storica sia mettendomi nei panni di doverlo giocare oggi come videogiocatore moderno. Esce al sabato, con cadenza bisettimanale.

 

The Bard’s Tale: uno dei capostipiti indiscussi degli RPG occidentali. Ma non è di quello che parlerò oggi.

Nossignori, primo perché per questa rubrica di retrogaming il 1985 è un po’ troppo “retro”, e poi perché c’è un secondo, e probabilmente più dimenticato, titolo omonimo, che pur essendone sostanzialmente l’antitesi sotto ogni punto di vista se ne esce con tanta classe da farmi chiedere seriamente perché non abbia goduto di una fama ben maggiore.

 

“Ratti, dici? Nella cantina… davvero un cliché da parte tua, amore, ma per questa volta te lo perdono.”
Immagine originale qui

 

Tecnicamente parlando, The Bard’s Tale si inserisce in quel filone di RPG a metà tra Diablo e The Witcher che sono nati e sostanzialmente morti negli anni 2000. È uno di quei giochi come Baldur’s Gate: Dark Alliance e Champions of Norrath (di cui condivide tra l’altro anche la engine) dove si controlla direttamente un personaggio singolo dall’alto e si combatte in tempo reale, senza particolari calcoli, ma allo stesso tempo si mantengono una struttura open world e un sistema di quest classico.

Il Bardo, il protagonista del gioco, ha a disposizioni armi di tipologie diverse (armi bianche, a due mani, archi ecc.), ma la parte più distintiva del gameplay è la capacità di evocare degli “aiutanti” usando la musica. Gli esseri evocabili sono quasi tutti in grado di combattere ma sono distinti da caratteristiche particolari: qualcuno può colpire a distanza, qualcuno lancia fulmini, un altro ancora acceca i nemici, alcuni curano gli alleati… all’inizio se ne può evocare solo uno per volta e si conoscono pochissime formule, ma andando avanti con la trama sia si sbloccano nuove creature sia si fa aumentare il numero massimo di quelle evocabili contemporaneamente (fino a tre). Di ogni creatura esiste anche una versione potenziata.

Ci sono missioni obbligatorie per proseguire con la trama, che determinano in certi casi anche dei cambi di zona forzati (verso la fine comunque si può tornare dappertutto), ma ci sono anche diverse quest secondarie che bisogna andarsi a cercare. Non so dare una longevità esatta, ma puntando a fare tutte le quest direi che come minimo sulle 30 ore se ne vadano, forse anche di più (perdonatemi ma non mi cronometro quando gioco).

 

“Benvenuti da Thorvald! Se sono abbastanza pazzo da restare in questa città, sono anche abbastanza pazzo da scontare la mia merce!” – di solito seguito da una piroetta in stile balletto.
Immagine originale qui

 

The Bard’s Tale è un RPG, ma solo per metà. L’altra metà è commedia. Ottima commedia. Davvero molto, molto raramente giocando ad un videogioco mi capita di ridere a voce alta; nella prima ora di questo mi sarà successo almeno tre o quattro volte, e per tutto il resto del tempo nel mezzo avevo stampato sulla faccia un sorriso da idiota.

 

La primissima quest del gioco vede il protagonista arrivare davanti ad una taverna ed usare la sua magia per evocare un ratto che fa entrare da sotto la porta, in modo da poter entrare poi a sua volta e scacciarlo, facendo la figura dell’eroe e facendo colpo sulla avvenente tenutaria.

Le cose non vanno però esattamente secondo i piani. Una volta de-evocato il ratto da lui stesso creato al Bardo viene chiesto, già che c’è, di andare in cantina per risolvere un altro “problema con dei ratti” che ha il locale, premio un pasto caldo e “la gratitudine” della proprietaria.

Scese le scale ci si trova davanti a un topo completamente inerme, che muore dopo aver ricevuto un singolo colpo. Al che il Bardo grida “Quest completata!”, mettendosi in una posa eroica. Solo che…

… questo era il vero ratto.
(immagine originale qui)

 

Ovviamente la cosa non è ancora abbastanza ridicola…

… quindi sputa anche fuoco.
(immagine originale qui)

 

Ecco, direi che questo piccolo assaggio, per di più mutilato per esigenze di brevità di una scrittura geniale e ricca di umorismo di per sé, sia perfettamente indicativo di tutto quello che è questo gioco.

La pagina di oggi potrebbe serenamente anche concludersi qui, perché vi avrebbe già permesso di farvi un’idea esaustiva di The Bard’s Tale: immaginate un Dark Alliance, solo in cui vi trovate coinvolti spesso e volentieri in situazioni già di per sé assurde e arricchite da dialoghi ancora più assurdi, la maggior parte dei quali veramente azzeccati.

Il livello di umorismo che questo gioco riesce a raggiungere (senza ombra di dubbio la principale ragione per cui lo si vuole provare) è indescrivibile. Molti siti dicono che “prende in giro i classici del genere”, ma è una definizione riduttiva. Tutto il contesto è già di per sé completamente folle, anche senza bisogno di sapere nulla di RPG; è ovvio che riuscendo a cogliere alcune citazioni buttate con intelligenza in qua e là lo si apprezza anche meglio, ma non immaginatevi un umorismo “da nerd”, del tipo che può far ridere solo una persona i cui orizzonti mentali stessi sono delimitati da quello a cui gioca.

 

La trama è molto banale e lineare sulla carta: il Bardo si mette magicamente in contatto con una principessa imprigionata in una torre, che gli rivela che lui è il Prescelto (in inglese “Chosen one”) per liberarla. Allettato dalle prospettive di ricchezza e di… qualcos’altro, il Bardo accetta; solo che proseguendo nella missione scopre che le cose non sono facili come gli era stato prospettato, e anche che ci sono in giro altri Prescelti intenti a compiere l’opera, tutti ragazzini plagiati che finiscono male in vari modi.

Deviazioni a parte – e ce ne sono diverse – la storia prosegue così, fino ad un finale… abbastanza inatteso, in verità, e che offre anche la scelta tra tre possibili modi di far concludere la storia.

 

“Non avvicinarti alla fattoria del vecchio Finn. Gira sempre con una balestra e ha una gran voglia di usarla.”
Immagine originale qui

 

Uno degli espedienti comici più riusciti, e anche abbastanza frequente, è quello dei dialoghi diretti tra il Bardo e il narratore della storia (interpretato magistralmente da Tony Jay; tra l’altro, questo è a tutti gli effetti l’ultimo gioco su cui abbia lavorato prima di morire). I due si odiano, e non hanno paura di ricordarselo a vicenda ogni volta che possono. Per fare l’esempio più ovvio, poco dopo la scena del ratto gigante che vi ho raccontato il Bardo impara una nuova evocazione con cui riesce finalmente ad uccidere la bestia, al che il narratore commenta:

“All hail the Bard, Rat-killer and Roden-Bane, who has bravely made the cellars-“

solo per venire interrotto dal Bardo stesso, che lo apostrofa:

“How about you tell the story and leave the sarcastic patronizing to me, okay?”

(“Tutti lodino il Bardo, Uccisore di ratti e Flagello dei roditori, che ha coraggiosamento reso di nuovo la cantina-“
“Che ne dici di raccontare la storia e di lasciare a me il sarcasmo da sbruffone, eh?”)

 

La scrittura del gioco in generale è brillante, piena di appunti sarcastici che i vari personaggi si fanno a vicenda e di situazioni deliranti, alcune semplicemente demenziali e altre costuite su giochi di parole o su stereotipi iper-esagerati.

Non mancano anche alcuni momenti musicali, alcuni più demenziali di altri. Degli ubriachi in una taverna che cantano un inno alla birra è ancora credibile. Dei goblin che compaiono a caso e improvvisano una canzone in memoria dei vari Prescelti che man mano vengono uccisi un po’ meno. Questa è la prima di una serie, (per inciso, a questo punto del gioco il Bardo non ha ancora parlato con la principessa, motivo per cui non sa nulla dei Prescelti e di conseguenza si esprime).

 

“Mi sono già ridotto a tirare leve su istruzioni di dei criminali… grandioso.”
Immagine originale qui

 

E qui salta fuori il primo, nonché unico, vero grande difetto del gioco: è solo in inglese, e per capirlo abbastanza a fondo da apprezzarlo davvero dubito bastino le competenze di uno studente medio di liceo italiano. Non solo non esiste una versione nella nostra lingua, ma una buona parte delle battute sarebbero molto difficili da rendere bene, e alcune sarebbero semplicemente impossibili.

Un’altra ragione che immagino faccia perdere punti a The Bard’s Tale è la sostanziale ripetitività della formula di gioco, che nonostante tutti gli elementi aggiunti si basa su un sistema di combattimento molto piatto e banale. Andando molto avanti anche l’umorismo sembra un po’ diluirsi, man mano che le fasi di combattimento diventano sempre più preponderanti, ma non scompare assolutamente mai del tutto. L’unione di questi due fattori rende le ultime cinque ore circa più pesanti del resto.

 

Qualche anima molto pia si è presa l’impegno di trascrivere sostanzialmente tutto il gioco, con anche il supporto di tantissime immagini e video. Se non avete modo di giocarlo, o se siete indecisi se prenderlo o no, potete dare un’occhiata qui per farvi un’idea più chiara.

Ma non usate “è difficile procurarselo” come scusa, perché quella oggi proprio non vale. The Bard’s Tale è uscito su PS2 e Xbox all’epoca, ma poco dopo è arrivato su PC e oggi è acquistabile tanto su Steam quanto su GOG, e non è certo che sia pesante da eseguire – è persino compatibile compatibile con OS X e Linux. Ma se ANCORA non vi andasse bene, The Bard’s Tale è stato portato anche su smartphone, sia su Android che su iOS. Se a questo punto siete l’unico videogiocatore italiano esistente a non avere né un PC successivo al 2004 con qualsiasi sistema operativo installato né uno smartphone (o se – condoglianze – avete installato Windows Phone) né una PS2/Xbox vuol dire che siete davvero storti, storti del calibro di chi compra una Ouya. Bene, c’è anche lì.

 

 

A parte tutto, credo che la versione di GOG sia più “tradizionale”, perché ha grafica e gameplay praticamente identici a quelli della release del 2004/2005, mentre guardando da Steam ho l’impressione che abbiano rimaneggiato parecchia roba, non so con quali effetti anche sul giocato effettivo. La versione GOG con un controller attaccato al PC è probabilmente la scelta ideale, ma alla prima difficoltà The Bard’s Tale è molto facile e penso si riesca ad andare avanti senza problemi su qualsiasi piattaforma e con qualunque sistema di controllo.

In altre parole, se avete tempo, vi piace il genere e sapete di conoscere l’inglese abbastanza bene, procuratevi The Bard’s Tale. È un ordine.