RetroGaming, puntata 35: Forgotten Realms Demon Stone (2004; PC, PS2, Xbox)

RetroGaming, puntata 35: Forgotten Realms Demon Stone (2004; PC, PS2, Xbox)

RetroGaming è una rubrica che guarda al passato dei videogiochi per rapportarlo al presente – in altre parole, pesco un vecchio gioco che conosco da più o meno tempo e cerco di analizzarlo sia inquadrandolo nella sua epoca storica sia mettendomi nei panni di doverlo giocare oggi come videogiocatore moderno. Esce alla domenica, con cadenza bisettimanale.

 

Uno degli argomenti più discussi in ambito videoludico degli ultimi anni: come alcuni giochi stiano diventando sempre più simili a film. A certa gente dà fastidio, ad altra non importa, ad altra ancora piace. Sta di fatto che raramente ci si pone una domanda: da dove è saltata fuori questa moda, esattamente?

Le influenze che hanno portato le meccaniche e i tempi di narrazioni tradizionalmente videoludici a piegarsi ad un’esperienza complessiva più simile ad una narrazione cinematografica (o meglio, a sequenze cinematografiche) hanno sicuramente più origini, vari titoli che in modi diversi hanno introdotto l’idea in modo più o meno spinto. Dovremmo cominciare dai veri e propri “film interattivi” degli anni ’80 (Dragon’s Lair e via dicendo), passando poi per Half-Life e l’imposizione di una forte componente narrativa in un genere, gli FPS, fino a quel momento praticamente privo di essa, e ovviamente poi non dimenticarci di Fahrenheit.

Ma, come sapete, in questa rubrica non mi piace fare le cose semplici, quindi non parlerò di nessuno di questi giochi. Al contrario, penso di avere scovato un’altra piccola e molto specifica sfumatura di “gioco cinematografico”, nata e morta negli anni 2000 ma non per questo meno interessante.

 

Leggendo l’articolo di oggi vi renderete conto che più che il gioco che è nel titolo, il vero tema è l’idea che c’è dietro e da dove è venuta fuori. Chiedo scusa se do un po’ troppe cose per scontate nell’esposizione, ma nel caso non capiate bene dove voglio andare a parare o come lo sto giustificando, dall’articolo traete questo: Il Signore degli Anelli: Le Due Torri, Il Ritorno del Re e Forgotten Realms: Demon Stone sono tre ottimi esempi di come si sia provato a rendere delle meccaniche da videogioco più in linea con le emozioni e i tempi trasmessi da un film d’azione.

 

Forgotten Realms Demon Stone screenshot 1

Premetto che ho fatto molta fatica a trovare screenshot che rendano davvero l’idea di Demon Stone. Questo lo fa abbastanza bene, se non altro perché c’è una bella calca.
Immagine originale qui.

 

La storia di oggi comincia nel 2002, e per quelli che non erano abbastanza grandi o non si ricordano, dire che Il Signore degli Anelli “andava forte” è riduttivo. Mentre il primo film di Peter Jackson sfondava i botteghini e si vendeva già di tutto e di più legato al brand, serviva però ancora qualcosa: un videogioco.

Quando La Compagnia dell’Anello è uscito al cinema, anche se suonerà curioso per  come siamo abituati oggi, non è stato accompagnato da un titolo sotto licenza. Al contrario, ben due giochi, La Compagnia dell’Anello e Le due Torri, sono usciti quando il secondo film (Le due Torri, appunto) è arrivato nelle sale. Si trattava però, curiosamente, di due prodotti in concorrenza, il primo di Vivendi e il secondo di EA.

 

Vivendi era titolare dei diritti esclusivi per la creazione di videogiochi tratti dai libri de Il Signore degli Anelli, e ha pensato bene di sfruttare il momento per metterli in pratica. Così, il 24 settembre 2002 sugli scaffali arriva La Compagnia dell’Anello, sviluppato da Surreal Software e VPX Games. Che, però, è una discreta delusione. Il gioco ha dei problemi anche di per sé (grafica bizzarra e strutturalmente antiquata, bug, meccaniche legnose, combattimenti noiosi e poco divertenti), ma soprattutto fallisce nel catturare le atmosfere del film – perché non ci provava, non poteva proprio per questioni legali – reinventandosi invece tutto a partire dal libro.

La Compagnia dell’Anello vende abbastanza in assoluto (un milione di copie), ma il successo non è delle proporzioni sperate, e i due sequel diretti finiscono cancellati o riconvertiti in altri progetti. Va meglio per l’anche più bizzarro titolo di quegli anni ispirato a Lo Hobbit, creato in collaborazione con Sierra, che esce e gode un successo decente per conto proprio; ma ormai Vivendi si è giocata la sua possibilità di cavalcare in pieno il treno dei film di Jackson.

 

Se volete una rapida idea di cosa si parla, ecco a voi un video de La Compagnia dell’Anello:

 

Appena un mese dopo, il 21 ottobre 2002, è il turno di EA, che aveva affidato Le Due Torri nelle mani di Stormfront Studios, uno sviluppatore di vecchia data famoso soprattutto per titoli di baseball. E, anche se non penso si possa parlare di gioco perfetto, la musica che si suona stavolta è parecchio diversa – e molto più a tempo.

Il gioco ufficiale del film Le Due Torri è esattamente l’opposto di quanto visto ne La Compagnia dell’Anello: un Hack and Slash con zero chiacchere, zero esplorazione, zero enigmi e tante cose da tagliare. L’idea sulla carta sembra altrettanto se non più scarna, ma il punto è che (per l’epoca e gli standard del genere) ci sono veramente tante cose da tagliare a schermo. Le Due Torri, con una tecnologia parecchio limitata a mano, riesce in quello che nessun videogioco prima era riuscito: riprodurre con pochi compromessi, in 3D, la caoticità e la densità di un combattimento da kolossal cinematografico, il tutto con una grafica sorprendentemente buona e una fluidità incredibile.

Le Due Torri è ben accetto dalla critica (media sopra a 80/100 su GameRankings, contro al circa 60/100 delle varie versione de La Compagnia dell’Anello), ma soprattutto è un successo di pubblico: più di 4 milioni di copie tra PS2, GameCube e Xbox.

 

La scena dell’attacco degli Uruk-hai da Le Due Torri (“Le Due Torri” include anche pezzi del primo film, su cui, appunto, EA non aveva realizzato niente):

 

La tattica vincente di EA nell’approccio al film viene ripetuta l’anno seguente con Il Ritorno del Re, che per mano di EA Redwood Shores (oggi Visceral Games) espande e rifinisce la stessa esatta formula de Le Due Torri: sono stati aggiunti altri personaggi, il sistema di combattimento e di combo è stato un po’ ampliato, la grafica ha fatto un ulteriore salto e tutto nel complesso appare ancora meno legnoso.

Il risultato è probabilmente il migliore dei due giochi, sicuramente il più massiccio e spettacolare, e non ultimo un nuovo successo di critica e di pubblico.

 

A voi…

 

Ma Stormfront Studios, che aveva osato non poco creando un prodotto così sbilanciato e l’aveva avuta vinta?

Beh, eccoci arrivati a Forgotten Realms: Demon Stone.

 

Non ci sono modi complicati per descrivere Demon Stone: il video che avete appena visto, per 10 livelli, con una buona varietà di ambientazioni e nemici. A differenza che ne Le Due Torri qui i personaggi si cambiano al volo in qualsiasi momento col d-pad, e come avete notato i tre hanno stili e funzioni un po’ più differenziati. Ma la logica generale è sempre la stessa.

Come ne Le Due Torri, in ogni livello si ottiene dell’oro, che si può spendere per potenziare i vari personaggi. Non c’è comunque una progressione ramificata da RPG, è appunto un potenziamento lineare e quasi ovvio, al punto che il gioco offre anche l’opzione di fare tutto lui in automatico al posto vostro.

 

Ad essere meno ovvio e automatico è il modo in cui si affrontano i combattimenti. Sorprendentemente debole in quanto a combo, con solo due tasti a disposizione e nulla più lungo di tre attacchi di fila, e forse un po’ deludente (se non altro per gli standard di oggi) in fluidità e ritmo, rimangono un buon fattore varietà, delle interazioni ambientali particolari, alcuni momenti di variazione nella struttura del gameplay e delle scelte molto azzardate, e per certi versi proiettate al futuro, nella sensazione che il gioco deve trasmettere.

Un’interessante ossessione di Demon Stone – già vista anche nei due titoli de Il Signore degli Anelli – è quella per l’indirizzare il giocatore a non uccidere i nemici semplicemente “a suon di botte”, che era la norma in qualsiasi Hack and Slash tradizionale, ma di distinguere il momento dell’uccisione (offrendo molte occasioni per gettare i nemici giù da precipizi o finirli quando sono stati atterrati), per allontanare l’idea che gli avversari siano barre della vita ambulanti che si accasciano di colpo al suolo una volta svuotate – e questa è una lezione che solo Prince of Persia aveva colto e messo in pratica ancora meglio.

 

Forgotten Realms Demon Stone screenshot 2

Gli orchi sono solo l’inizio. Con tutto quello che si poteva tirare fuori da Dungeons and Dragons, non c’è dubbio che si siano andate a pescare razze abbastanza fuori dal comune, come gli Yuan-ti e gli Slaad.
Immagine originale qui.

 

Non so quanto, effettivamente, nel complesso le scelte fatte per Demon Stone risultino efficaci, ma non c’è dubbio che giocando a questo o a uno degli altri due titoli di cui ho parlato la sensazione che si ha sia molto diversa dall’Action tipico di quegli anni. Questi erano a tutti gli effetti degli esperimenti, che se guardati nel loro complesso possiamo sicuramente definire morti lì, ma di cui sono convinto che piccoli pezzi e idee siano sopravvissuti, riemergendo negli anni a venire in vari generi e sotto varie forme.

 

Il motivo principale per cui leggo un collegamento tra Demon Stone e il concetto di “gioco cinematografico”, comunque, è nella concezione della partita: una campagna non troppo lunga (diciamo 4 ore?) che segue sempre logiche elementari e ripetute di fondo, con scontri riproposti fino quasi all’ossessività, ma che porta a vedere ambienti e nemici sempre diversi, si sforza di tirare fuori qualche momento in qua e là abbastanza diverso dal resto e memorabile di per sé, e mette in piedi una narrazione con qualche pretesa, pur mantenendola minimale nell’economia del gioco.

In altre parole, Demon Stone è probabilmente uno dei primi titoli moderni che puntano a non lasciare il tempo materiale di annoiarsi prima di averli finiti, anche se le dinamiche base sulla carta dovrebbero avere esattamente quell’effetto. È un gioco carino, ma abbastanza anonimo, limitato e dimenticabile. Però è un ottimo esempio di un vero e proprio mini-sottogenere, che definirei come la cosa concettualmente più vicina ai Musou che abbiamo mai avuto in occidente.

Detta ancora più semplicemente, è tanto fumo e poco arrosto, dilazionato nel tempo e distribuito con parsimonia. Ma proprio per questo, e perché fa così tante cose strane e a modo proprio, è piuttosto interessante.

 

Forgotten Realms Demon Stone screenshot 3

Demon Stone vince anche il premio come centesimo gioco basato su D&D con dentro Drizzt in qualche sua forma giocabile. Yuppi… Forse è comunque quello in cui è meno legnoso da usare, se può valere qualcosa.
Immagine originale qui.

 

Non ho molto altro da aggiungere su Demon Stone, se non che probabilmente è il più bel gioco tratto da un film che non è mai esistito, nel senso che ricalca appunto la stessa idea de Le Due Torri e Il Ritorno del Re di convertire scontri epici e massivi da kolossal fantasy in formato videoludico.

 

Demon Stone è acquistabile su GOG per un non vantaggiosissimo 8,50€, quindi un po’ a sorpresa stavolta mi trovo a consigliare apertamente una copia per PS2 (o eventualmente Xbox o GameCube), dove oltre alla localizzazione italiana godrete di un comparto tecnico sorprendentemente tarato verso l’alto e un frame rate assolutamente ottimale, per uno dei probabili 10 titoli mai usciti su PS2 tecnicamente e graficamente più avanzati di sempre.

Se invece foste incuriositi da Le Due Torri, la versione console è non consigliata ma obbligatoria, per il semplice motivo che su PC non è mai arrivato. Il Ritorno del Re, da parte sua, esiste sì per PC, ma non mi risulta sia venduto digitalmente da nessuna parte; è ovviamente disponibile anche lui su PS2, Xbox e GameCube.

 

 

Tutti e tre i giochi di cui ho parlato, in ogni caso, trasmettono bene l’idea di quello che ho cercato di isolare in questa pagina, pur non essendo affatto le reciproche copie. Sono il primo un’idea di narrazione videludica abbastanza originale, e gli altri due delle varianti che hanno cercato in modi diversi di mettere ancora meglio in evidenza l’obiettivo di fondo modificando il gameplay, ognuno a modo proprio.

Se dovessi consigliarne per forza uno solo penso guarderei a Il Ritorno del Re, anche se non è quello su cui mi sono focalizzato di più per l’articolo, perché storicamente parlando non era il più interessante dei tre. Ma, se ne vedete uno qualunque da qualche parte, fateci un pensiero in ogni caso.

Lorenzo Forini
Sono nato a Bologna nel 1993, videogioco da sempre, e da sempre mi ha affascinato l'idea di andare oltre al solo giocare, di cercare di capire cosa c'è nascosto in ogni titolo dietro al sipario più immediato da cogliere. Se i videogiochi sono una forma d'arte, forse è il caso di iniziare a studiarli davvero come tali.

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