La logica del F2P (Free-to-play) è, oggi, un concetto molto ricorrente e sfruttato.
Il Free-to-play è un approccio diverso, di natura esclusivamente economica, che le software houses adottano nei confronti dei gamers.
Un gioco F2P ha la caratteristica di poter essere giocato per intero e senza alcuna spesa da parte del giocatore.

Sembrerebbe uno strano atteggiamento: anni di lavoro spesi sullo sviluppo di un videogioco per donarlo gratuitamente a milioni di persone che magari non ne sono neanche interessate.
La “fregatura”, se così la si vuol chiamare, risiede nell’ “item shop“, una sezione del gioco in cui, sborsando una piccola somma in denaro, si rende il gioco più “interessante” (bonus e potenziamenti che rendono il personaggio giocante più forte).
La strategia di marketing basata sulle microtransazioni è inclusa in quasi tutti i F2P.

Questa manovra di mercato sconvolge sia l’approccio che un gamer ha verso un gioco che il gameplay del gioco stesso.
Il videogioco in sè perde di valore: ottenere un videogame dopo tanti sacrifici e risparmi rende quel gioco speciale, a differenza di uno che ci si ritrova sbattuto gratuitamente in faccia.
Nonostante questo, il vero lato negativo dei F2P è la logica “Pay-per-win“.
Molti dei giochi F2P, non a caso, sono di carattere competitivo. Ciò dona importanza alla competizione più che al divertimento.
Il trucco è questo: l’unico modo per competere contro una persona che paga è pagare.
Questo concetto si estende a macchia d’olio a tutti i giocatori che si ritroveranno, poi, costretti a pagare per vincere.

Un altro aspetto fondamentale di questa azione di mercato è il target a cui le software houses ormai puntano: casual gamers.
Molti F2P infatti non sono giochi ricercati, ma giochi i cui banner pubblicitari hanno la magica parolina “gratis” al loro interno, che attira gente a caso e in abbondanza.
Anche il meglio architettato FPS (Fist Person Shooter) F2P, che mette in risalto le qualità tecniche di un videogiocatore, avrà servers pieni zeppi di noobs.
Il risultato è spesso sconcertante: bambini da scuola media che, in chat vocale, inneggiano alla guerra o mettono in risalto la loro (inesistente) supremazia in gioco; cheaters che si credono hacker professionisti mentre rovinano una partita; affollamento dei server.
Una delle cose più frustranti: essere dominato da un noob pagante.

La scelta dell’approccio F2P da parte degli sviluppatori trova origine nel comportamento dei giocatori degli ultimi anni.
La mole massiccia di pirateria che ha pervaso la rete ha allarmato gli sviluppatori che, ovviamente, sono passati ad un metodo di guadagno più sicuro.
Rendendo gratuito il gioco, si inibiva in anticipo qualunque attentato al furto del software. In compenso, le microtransazioni (sotto controllo online e quindi difficili da manomettere) avrebbero fruttato un guadagno pari a quello di un gioco normale.
Ciò non solo ha reso il F2P la fonte di guadagno prediletta per PC, ma ha lasciato che importanti software houses abbandonassero la produzione su PC per darsi al mercato su console, più affidabile poichè meno piratato.

Tralasciando i fattori economici, quelli sociali mettono alla luce un aspetto molto negativo della nostra civiltà.
I giochi free, in particolare gli MMORPG (Massive Multiplayer Online RPG), rappresentano una valida alternativa alla vita reale (per “Second life” il titolo parla da sè).
I soggetti interessati sono molti: ragazzi esclusi a scuola, soggetti a bullismo, con genitori divorziati, non fidanzati o persino senza amici.
Gli emarginati scelgono un’alternativa (per altro gratuita). Scelgono di essere forti, determinati, estroversi. Scelgono di essere leader di un party o addirittura di un clan ed essere rispettati per ciò che non sono, grazie anche all’ultima potente arma acquistata online.
Questo social-gaming scaturisce in loro una forte dipendenza verso il gioco.
Naturalmente, non tutti i giocatori sono di questo genere.

Effettivamente, il F2P può essere un mezzo per esplorare meglio il mondo dei videogiochi: un ragazzo che non ha mai provato un RTS (Real Time Strategy) può scaricarne il primo free che gli capita e vedere se il genere è di suo gradimento.
Nel caso di “World of Warcraft” (che ha reso i primi 20 livelli del personaggio F2P) può essere un interessante modo per pubblicizzare il prodotto.
Alcuni hanno avuto idee innovative. Sono d’ esempio “TrackMania Nations“, che ha reso disponibile un completo editor per piste a chiunque, dando vita ad una community vasta e varia; “MapleStory“, uno dei pochi RPG a scorrimento bidimensionale della storia dei videogiochi; Il già citato “Second Life“, che ha dato luogo alla compravendita di lotti di terra virtuali dove poter costruire la propria casa in un mondo creato dai giocatori stessi.
Altri titoli, in passato famosi, hanno abbracciato il genere F2P senza però perdere dignità, come “Tribes” o “Age of Empires“.
Inoltre, c’è da ricordare che esistono pochissimi esempi di giochi F2P che si sono distinti per aver evitato l’ ingiusta logica pay-per-win (primo fra tutti “Team Fortress 2“, nel cui negozio è possibile comprare solo migliorie estetiche, anzichè bonus e potenziamenti).

Gli sviluppatori dimostrano sempre più interesse verso questo mercato.
Molte software houses, di recente, hanno pubblicamente dichiarato che in futuro si dedicheranno al F2P: Valve, Blizzard, Ubisoft, Bioware, Sony Entertainment e molte altre.
Dunque, è un bene o un male?
Dipende, come sempre, dal punto di vista. Ma la situazione è questa: I F2P rappresentano una grossa fetta dei videogame in esclusiva su PC ed un interesse crescente verso questo genere non cambierà le cose.
E’ quindi giusto che il computer sia una piattaforma condannata ai porting ed ai F2P?

Zone
Sono uno studente di 21 anni che frequenta la facoltà di ingegneria elettronica. Ad 8 anni cominciò la mia formazione videoludica con i miei primi 3 giochi per il buon vecchio Windows 98': "Captain Claw", "Chasm the rift" ed "Ignition". Non ho mai abbandonato il mio interesse per i videogames e mai lo farò. Sono un PC gamer e mi piace essere al corrente di novità in ambito sia software che hardware. Il videogioco della mia vita? Half Life.

1 Responses to “Free-to-play: il punto della situazione”

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