Più volte sono stati fatti discorsi sulla crescita dei videogiochi, della loro evoluzione, della loro storia e del loro crescente posto nella società, contemporanea e non. Abbiamo visto come i videogiochi siano riusciti, sia nel bene che nel male, a cambiare profondamente le radici del del genere umano. Esagerato? Non proprio. Ogni forma di racconto, ogni media o emettitore di informazioni, non ha fatto altro durante la storia che cambiare il punto di vista dell’uomo, mettendo in discussione ogni forma di assolutismo. Che sia questo mezzo un disegno, un testo, una canzoe, un film o un videogioco, è sempre riuscito a testimoniare non solo le abitudini, di ciascun’era, bensì anche il modo di pensare, di quell’era.

Il videogioco, perciò, è sempre un mezzo appartenente al genere di quelli già citati e come tale, alla propria nascita, ha portato l’inizio di una nuova era, creando dunque l’incipit per una nuova corrente di pensiero, o comunque un nuovo modo di pensare e vedere le cose. Ogni volta che si evolveva il videogioco, si evolveva anche questo punto di vista. Dopotutto i videogiochi mirano ad estasiare principalmente le generazioni più giovani, che appunto nel futuro dovranno abitare all’interno di una società più nuova, mutata.

Ma anche il videogioco stesso è suddiviso in vere e proprie “ere”, all’interno della propria storia. Non si parla sempre delle stesse ere, ma a volte ci si può riferire all’anno di uscita di alcune console, altre a seconda del tipo di tecnologia utilizzata, oppure, come farò io adesso, ci sim può riferire al metodo di commercializzazione. Nell’aria si sente infatti odore di un’altra era: quella del Digital Delivery.

Questo cosidetto Digital Delivery è temuto da molti, aspettato da altri e indifferente per alcuni.

Perchè dunque non analizzare ogni era, raggruppandole però sommariamente in “Passato”, “Presente” e “Futuro”? Proviamo.

Passato.

Sono state già tantissime parole su questo argomento, ancora di più sul passato dei videogiochi. Bisogna però pur sempre partire da qualcosa, no?  Come scrissi già una volta in un altro articolo, per interpretare il presente e prevedere il futuro bisogna rivolgersi prima al passato.

Non si può non confrontare la vecchia era delle console a quella nuova e non rimanere scettici. Come già stato esplicato nell’articolo dedicato al retrogaming, retrogiocare non significa solo un “mero” videogiocare, ma sgorga poi in molte altre passioni, come potrebbe essere quella del collezionismo. È difficile rimanere obiettivi quando si discute su un argomento del genere, soprattutto se a scrivere è un assiduo collezionista, ma per amor del confronto si fa questo ed altro.

Le console vintage hanno indiscutibilmente il proprio fascino, ma ancora di più lo hanno le “cassettone” tipiche di alcune di queste console. Molti rimasero scettici soltanto con l’avvento della tecnologia CD, cosa direbbero se questi individui venissero trasportati nella nostra era, dove mano a mano tutti questi supporti fisici stanno sparendo?

Il Digital Delivery, come si può facilmente intuire, rappresenta un grande pericolo per questo tipo di passione. I supporti fisici si usurano col tempo, è vero, ma è molto più difficile perdere qualcosa di non concreto. Ecco quindi che milioni di collezionisti si schierano a fronte delle proprie collezioni. Vogliono continuare a collezionare, non vogliono spendere soldi per qualcosa che non hanno veramente. Si gioca, bene, ma poi cos’altro? Il ricordo di un videogioco non può venire dimenticato, se lasciato chiuso in un Hard Disk, piuttosto che su uno scaffale? La custodia di un gioco, con i duoi graffi, le sue ammaccature, rappresenta il tempo passato con il possessore e tutto questo potrebbe scomparire. Per alcuni non avrebbe neanche senso più videogiocare.

Bisogna analizzare però i pro e i contro del DD, ma per farlo bisogna passare all’era dove quest’ultimo è già arrivato, ovvero quella presente.

Presente.

Il Digital Delivery ormai è già una realtà, è inutile negarlo. Tuttavia la situazione è profondamene diversa da piattaforma a piattaforma, perciò è meglo analizzarle tutte.

Tanto per cominciare, il DD è presente chiaramente sul mercato degli smartphone. Ogni giorno milioni di applicazioni vengono scaricate dai market di ogni device a prezzi molto bassi per videogiocare. Oltre all’incipiente Digital Delivery, i videogiocatori moderni devono affrontare piaghe come le microtransazioni o il socil gaming, di quello più puramente commerciale. Piccoli giochi ad un piccolo prezzo. Quel “poco” per chi vuole poco.

Poi ci sono chiaramente le Console casalinghe, perciò il discorso si tramuta drasticamente. Qui il DD non è poi così frequente e il mercato delle versioni Retail è ancora florido e fiorente. È comunque possibile, però, acquistare online in DD, portando con sè i propri limiti. Si può quindi dire che su console è un po’ un limite stesso.

Infine c’è il gaming su Computer, dove il Digital delivery sembra aver trovato la propria casa. Qui le piattaforme di vendita digitale sono supportatissime, vedasi il famosissimo Steam di casa Valve. Non solo si tratta di una grande comodità per questo tipo di giocatori, ma anche una grandissima fonte di risparmio, visti i continui sconti su tali piattaforme. Si può considerare un’evoluzione.

Tutto questo, porta a delle domande. Sappaimo dunque i limiti di questo DD: niente più collezionismo, niente più scatole o oggetti in cui riporre il proprio affetto, possibilità di perdere i dati… Ma anche lati positivi, come il risparmio di spazio e nella maggior parte delle volte di denaro. Sì… denaro, ma sarà davvero così? Meglio entrare in una nuova era: il futuro.

Futuro.

Si risparmia davvero così tanto con il Digital Delivery? La risposta potrebbe essere sì, ma anche no. Innanzitutto, si riparmia soltanto con gli sconti offerti dalle piattaforme di vendita digitale. Spesso e volentieri, infatti, questi sconti si presentano in maniera saltuaria e mai al giorno del lancio di un determinato gioco. Inoltre tutto questo è esclusivo solo per computer gaming. Sulle console è quasi impossibile trovare qualcosa del genere, a meno che non ci si procuri uno speciale abbonamento tipo il Playstation Plus di Sony. Se invece volessi applicare questo ragionamento anche ai giochi in uscita? Si risparmierebbe lo stesso?

Da questo ragionamento ne deriva un altro: “Quanto vale solo il software, senza disco o custodia”? Distribuire il proprio gioco in formato digitale vorrebbe dire per il publisher affrontare molte meno spese; si risparmierebbe sui costi di produzione, sulla spedizione, sui materiali, sui dipendenti…. Qundi a noi quanto dovrebbe costare il prodotto digitale, visti i ridotti costi per metterlo in commercio? Ad un tratto non sembra più tanto giusto far pagare un gioco in Digital delivery quanto uno in versione Retail, visto che tecnicamente si avrebbe diritto a meno vantaggi.

Altre domande si accavallano una sopra l’altra per il futuro, visto che è ancora incerto. il Digital Delivery sembrerebbe davvero la strada da intraprendere? Su console si evolverà o morirà? I formati fisici scompariranno, lasciando quindi i collezionisti scontenti da un punto di vista ma contenti dall’altro (possedendo solo loro i formati fisici)?

Vedremo, sta di fatto, però, che sta iniziando una nuova era. Non si può sfuggire al progresso.

Jake Joke
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