GameBack

Assassin’s Creed IV: Black Flag (PS4) – Recensione

Un po’ pirata, un po’ assassino, sempre divertente

Assassin’s Creed è una serie strana sotto molti punti di vista. Il gameplay è sostanzialmente inventato per l’occasione. La struttura di gioco è un open world non RPG, una sorta di GTA a spasso nel tempo. La trama è distribuita su più piani, ma rimane sempre ben ancorata ad eventi concreti.

Ma probabilmente tutto questo non c’è bisogno che venga ora io a dirvelo, passati sei anni dal primo capitolo. Quello che devo dirvi è che Assassin’s Creed IV non rinuncia a nessuno dei suddetti punti, ed è allo stesso tempo capace di svilupparli ulteriormente, diventando un gioco nel complesso certamente più vasto di qualsiasi altro capitolo visto fino ad ora, e in definitiva anche meglio pensato e bilanciato.

 

Ci tengo a precisare da subito che l’unica versione da me vista e giocata è quella PlayStation 4. In teoria è identica a quella Xbox One, output video nativo a parte, ma non posso garantire su nulla per quelle old-gen, quella Wii U e quella PC. Insomma, il gioco sarà sempre bene o male quello su tutte le piattaforme, ma la grafica potrebbe cambiare sensibilmente, rendendo nulli alcuni dei miei discorsi a riguardo, e non posso considerare neanche il framerate su PS3/Xbox 360/Wii U o l’ottimizzazione, la scalabilità, la comodità dei comandi e così via su PC. Che io sappia non ci sono problemi gravi di nessun tipo su nessuna versione, ma è solo un sentito dire, e se la vostra piattaforma di riferimento è diversa dalla mia vi conviene fare comunque qualche altra ricerca. Magari leggetela comunque questa pagina, la butto lì.

 

Chiarisco anche che tutte le immagini che vedrete nel corso della recensione non sono materiale promozionale preso da internet: ho usato solo e soltanto screenshot che ho realizzato io stesso grazie alla funzione Share di PS4 e che ho poi passato sul PC (da cui scrivo) tramite la condivisone per Twitter. In altre parole, quello è il gioco che ho avuto io tra le mani, niente di più, niente di meno.

Le scene notturne qui sono venute stranamente buie, deve essere un problema relativo a come l’immagine viene compressa per essere inviata a Twitter con dimensioni ridotte. Sul tv mai una volta mi sono trovato davanti a una scena così buia anche solo da mettere in dubbio qualcosa di quello che vedevo, quindi non fatevi intimorire se alcuni screenshot sono molto neri: colpa dell’upload al 100%, del gioco allo 0%.

 

Indice:

 


Conversione morale? Nah…

La cosa più curiosa di Black Flag è probabilmente quella di essere all’oggi l’unico capitolo della serie in cui non si impersona un Assassino. Non mi addentrerò più di tanto nella trama per ragioni di spoiling, ma penso di poter dire senza problemi che nella primissima sequenza di gioco uno scontro navale finisce in un gran botto e due soli uomini si mettono in salvo, nuotando fino alla spiaggia di una vicina isola: uno è Edward Kenway, il personaggio che useremo lungo tutto il gioco, l’altro un Assassino. Tra i due scoppia una lite, e alla fine Edward uccide l’altro naufrago. Frugando il suo cadavere trova un documento che ricordava all’uomo di presentarsi con “quel che deve consegnare” a L’Avana al più presto, e di farlo con indosso le vesti del proprio ordine, perché altrimenti nessuno avrebbe potuto riconoscerlo. Il premio promesso è una discreta somma in denaro, quindi Edward non perde occasione di fingersi l’Assassino per risquotere al suo posto.

Questo non è l’unico contatto con Assassini e Templari che si ha nel corso della storia, ovviamente, ma penso sia una discreta novità: Edward non è un uomo che subisce un trauma di qualche tipo e abbraccia la morale dell’ordine per dare vita ad una lotta quasi utopistica, è un inglese fuggito in America nella speranza di fare fortuna e di poter vivere da signore assieme alla moglie rimasta in Europa, con cui ha avuto un distacco sofferto e conflittuale. Edward agisce molto poco per ideali e molto per fini pratici. Non per questo è un personaggio piatto, né lo definirei un “anti-eroe”, almeno non inserito nel mondo di gioco per come è costruito, sempre con pochi bianchi e neri davvero netti e molte tinte grigie (e questa volta ancora più del solito).

Non dirò altro sulla trama principale, se non che nel corso del gioco Edward incontra diversi personaggi abbastanza importanti, ognuno spinto dalle proprie motivazioni in quello che fa, e – altro elemento di discreta novità – che la percentuale di Assassini e Templari rispetto al totale è insolitamente bassa. Insomma, in Assassin’s Creed 4 direi che è la millenaria guerra tra le due fazioni a inserirsi in un qualche modo nella vita di un uomo comune, piuttosto che il contrario (come invece si era visto decisamente nella saga di Ezio e nella storia di Connor).

 

 

La trama, ovviamente, porta con sé diverse missioni. Esattamente come negli scorsi capitoli, esse sono quelle più curate, articolate e di spicco all’interno di tutto il gioco (ma esattamente come in AC 3 non sono le uniche a raccontare una storia compiuta). Non so dare un numero esatto, ma penso che se si volessero giocare solo quelle, senza neanche guardare tutto il resto – follia pura – ci vorrebbero sulle 8 ore ad arrivare a vedere i titoli di coda.

Molte delle missioni non hanno pretese virtuosistiche incredibili, ma una cosa che posso senza dubbio dire, e che penso ripeterò ancora nel corso della recensione, è che non ho mai avuto la sensazione di stare giocando più e più volte sempre la stessa cosa con una veste diversa incollata sopra. È vero, molte missioni sono più che altro strade da percorrere senza farsi scoprire, pedinamenti o infiltraggi con assassinio, ma la grande diversità degli ambienti e il buon level design generale aiutano davvero tanto a diversificare il gioco; e soprattutto le dinamiche di gioco, qui come in quasi tutto il resto, funzionano a dovere.

 

Segnalo anche il fatto che Ubisoft dà la possibilità, al termine di ogni missione principale, di assegnarle un voto da 1 a 5, che sarà poi comunicato appena si andrà online. Non è una cosa obbligatoria ed è proposta in modo assolutamente discreto, ma allo stesso tempo potrebbe veramente aiutare gli sviluppatori a “parlare” col loro pubblico per regolarsi sul futuro. È uno strumento dai risultati ancora non corroborati, ma non costa nulla a nessuno, non incide sul gioco e, in fondo, è sempre bello quando viene chiesto di poter dire la propria su qualcosa.

Do what you want, cause a pirate is free

Ma AC 4 non è di sicuro fatto solo di trama principale; le cose da fare sono tante, sia per diversità che per numero. E questo ce lo si poteva aspettare, dato che la serie è andata costantemente in crescendo sotto questo aspetto. La cosa che onestamente mi aspettavo meno – direi per rassegnazione ormai – era che tutte le attività minori, i “riempitivi” per far crescere il numero di ore di longevità, fossero stati realizzati con tanta cura. Non fraintendetemi, le attività collaterali sono piccole e spesso semplici cose, come complessità e studio non equiparabili alle missioni principali. Ma questo non toglie che praticamente tutte sono gestite molto bene nell’economia generale del gioco, e che spesso godono di un minimo di level design capace di renderle apprezzabili, e soprattutto di eliminare il senso di “già visto tot. volte”.

Le attività secondarie di AC 4 sono troppe perché abbia modo di elencarle tutte. O meglio, potrei senza dubbio “elencarle”, ma non avrebbe nessun senso senza poi spiegarle. Piuttosto che redarre una sorta di guida, quindi, preferisco focalizzarmi su quelle più interessanti e innovative.

 

 

C’è in primo luogo un secondo filone “notevole” di missioni. La serie si chiama “Caccia ai Templari”, e consiste – per ragioni di trama che non approfondirò – nel recarsi presso le varie basi degli Assassini presenti nei Caraibi per aiutare i capi locali, minacciati dai Templari, e allo stesso tempo sperare di recuperare alcune chiavi… Le missioni sono tendenzialmente semplici, ma hanno ognuna una breve storia e sono di sicuro divertenti.

 

Tornano, per fortuna, i contratti di assassinio. Dico “per fortuna” perché sono anch’essi missioni semplici, per certi versi molto simili tra loro, ma sempre piacevoli da svolgere, mai ermetici e soprattutto lasciano, per il poco che richiedono, molta iniziativa al giocatore. In altre parole, sono un’ottima occasione per assassinare qualcuno con stile.

Esiste anche una variante “navale” delle missioni di assassinio, che come è intuibile chiede al giocatore di fare fuori un tale personaggio sulla tal nave, e sono quasi sempre anche più articolate dei corrispettivi di terra, finendo per fornire battaglie ed inseguimenti di qualità pari a quella del gioco precedente. Capita di contro anche che una preda a terra, se non uccisa in fretta, scappi su una nave, trasformando un assassinio terreste in uno marittimo.

 

Rimane anche la caccia, ma senza più trappole o esche. Il modo in cui si uccidono gli animali, tra l’altro, non ha più nessun effetto sulla qualità di quel che si ricava scuoiandoli. Se vedete, per dire, una pantera, potete ucciderla sparandole, attirandola da un nascondiglio con un fischio e pugnalandola, o ancora risolvendo il quick-time dell’attacco correttamente. Nessuna di queste tre soluzioni farà alcuna differenza sui proventi dello scuoiamento.

Novità assoluta è la pesca. Si tratta di fatto di altre missioni, che spariscono dalla mappa man mano che le si completa, il cui scopo è arpionare l’animale marino di turno fino ad ucciderlo prima di finire le fiocine a disposizione ed evitando che la preda affondi la scialuppa su cui è Edward. L’abilità richiesta è minima, e soprattutto le pesche più “difficili” non richiedono più abilità, ma equipaggiamento più potenziato, senza il quale sono semplicemente impossibili. Ma del sistema economico parlerò più avanti.

 

 

È una novità anche la razzia dei magazzini, ma è forse quella meno riuscita di tutte. In certi punti della mappa sono presenti delle zone off-limits, delle piantagioni, con all’interno un magazzino pieno di risorse che starebbero certamente meglio nelle vostre mani. È necessario procurarsi la chiave da un nemico in zona, per poi poter svuotare il magazzino. Essere furtivi è tendente all’impossibile, e alla fine scatta sempre un massacro, per un motivo o per un altro.

 

Migliori, ma molto più scarse sulla mappa, sono le razzie nei covi dei contrabbandieri. Semplicemente, bisogna intrufolarsi in ambienti sorvegliati più o meno lineari e recuperare tutti gli scrigni, per poi andarsene. A differenza che gli attacchi ai magazzini queste sono vere e proprie missioni, quindi sono ripetibili solo tramite il database dell’Animus.

Volendo possiamo vedere anche le immersioni sottomarine come una variante della precedente, con la differenza che si ha molta più fretta per la scarsa quantità di aria a disposizione, e che si può ricaricare solo tornando al punto di partenza o passando per altri punti particolari, molti dei quali mono-uso. Le esplorazioni sottomarine sono spettacolari, ma sono anche ostiche da completare come il gioco suggerisce. Gli squali in giro sono semplicemente troppi, i ripari troppi pochi e soprattutto l’aria sempre scarsa, motivo per cui spesso andare dritti dove si deve diventa un rischio calcolato necessario.

 

Tutta una serie di sfide, chiamate Sfide Abstergo, è integrata nel gioco. Sono quasi tutte cose banali, del tipo “Tuffati da tot metri”, “Sfuggi 10 volte agli inseguitori” e così via. Man mano che le si completa si sbloccano alcuni oggetti, come spiegherò più tardi, e anche dei trucchi, che permettono di giocare con delle variazioni, ma senza la possibilità di salvare e quindi di usarli per ottenere nulla né per completare missioni.

 

In giro per il mondo ci sono ovviamente i soliti oggetti da raccogliere. Trovare forzieri, frammenti dell’Animus, fogli volanti e simili è la richiesta più basilare di tutte, ma anche qui si vedono decisi passi avanti, soprattuto rispetto al – ahem – “recente passato”.

I punti di osservazione tornano ad essere il centro di tutto: sincronizzando tutti i punti di un’isola o di una città si ha sempre la certezza di stare facendo comparire sulla mappa ogni oggetto presente nell’area. In mare aperto vige un’alternativa molto intelligente: scrigni dispersi sugli isolotti, zone di pesca e simili, infatti, vengono “sincronizzati” tutti nel momento in cui si prende il controllo del forte della sezione di mare in cui si trovano. Questo, come è intuibile, evita MOLTE perigrinazioni alla cieca, ed è cosa assai gradita.

Avere la posizione sulla mappa di un oggetto non significa sempre trovarlo immediatamente. Spesso, soprattutto nelle giungle e lungo le scogliere, sono necessari un po’ di fantasia e di spirito d’esplorazione per arrivare agli ultimi scrigni mancanti per poter dire di avere completato la zona. Gli ambienti sono molto più pieni e adatti a queste cacce al tesoro (letteralmente) di quanto non si fosse visto in AC 3, dove per trovare lo scrigno sotto terra nel punto X spesso dovevi passare dalla miniera il cui unico ingresso era nel punto Y, a 200 metri di distanza e senza nessun indizio. Qui le cose vanno decisamente meglio.

È molto carina, se non proprio originalissima, l’idea di avere sparse per il mondo anche alcune mappe di tesori, che portano tramite rudimentali disegni e le coordinate cartesiane dell’isola di riferimento il giocatore a recuperare bottini nascosti sotto la sabbia. È una variazione che ben si inserisce nel contesto, e il livello di impegno richiesto è proporzionale allo sforzo – nulla di impossibile, ma allo stesso tempo neanche automatico.

Torna anche una variante della soluzione dell’enigma del tesoro di Gamba di Legno vista in AC 3, sotto forma delle “steli Maya”. Semplicemente, quando si arriva sul posto si deve posizionare correttamente nell’ambiente un simbolo di luce. Definirlo “facile” non rende l’idea, ma almeno riporto che esiste.

 

 

Fanno un gradito ritorno anche i giochi da tavolo. Fino ad ora ho trovato il filetto a 9 e la dama, ma dato che sulla mappa viene a malapena segnalato dove anche solo è possibile giocare, e di sicuro non a cosa, non ho idea se ce ne siano altri – tipo quell’incomprensibile gioco malgascio a cui Achille puntualmente mi distruggeva. I posti in cui è possibile giocare sono comunque molto più radi, quindi potrebbe essere intelligente annotarseli quando li si scopre se si vuole poter tornare a fare una partita a qualcosa di preciso ogni volta che si vuole.

 

L’ultima attività veramente degna di nota è la “Flotta di Kenway”, ovvero un curioso ampliamento di quella che già da qualche anno è presente col nome di “Gilda degli Assassini”. Il principio è esattamente lo stesso: viene presentato un elenco di missioni da assegnare a varie navi, con probabilità di successo e alcune caratteristiche base richieste loro. Le novità fondamentali sono due: la possibilità di combattere mini-battaglie automatiche per ridurre la rischiosità delle rotte, e soprattutto la presenza di un intero micro-sistema economico secondario unico della modalità, con altre risorse da commerciare e diamanti per i costi di riparazione e aumento degli slot. Di tutto quello che si fa nella “Flotta di Kenway” permea fino alla partita principale solo la moneta sonante, che si guadagna per ogni missione compiuta, e alcuni oggetti bonus legati alle Sfide Abstergo.

Segnalo che il gioco non mi permette di accedere a questa modalità se non sono connesso al PSN e al server Uplay. Credo sia perché in teoria è possibile giocarla in “cooperativa” con gli amici, anche se non ho idea di come dovrebbe funzionare e decisamente non ne ho visto la necessità. Per giocarla almeno da soli comunque non serve un abbonamento Plus, solo passare da internet. Non so dire per le funzioni in cooperativa.

Sam Fisher o Kratos?

Da diversi anni Assassin’s Creed è suddiviso (per terra, chiaramente) in fasi bene o male stealth e fasi di scontro aperto inevitabile. Il bilanciamento delle due ha mutato praticamente ad ogni capitolo, con esiti altalenanti. Black Flag cerca una specie di equilibrio, ovvero offre diverse situazioni in cui si è obbligati a fare in uno dei due modi e altre in cui si può fare un po’ come si vuole, basta uscirne vivi e con la lama sporca di sangue.

 

 

Non mi spingerò a dire che le sezioni stealth di Assassin’s Creed IV sono buone sezioni stealth, ma sono quasi sempre funzionanti. E ci vorrebbe davvero molto coraggio per dire lo stesso del capitolo precedente, e probabilmente anche di tutti gli altri prima.

Il sistema di “coperture” di AC 3 è stato integrato meglio nei vari ambienti, così come le zone di vegetazione alta in cui è possibile muoversi senza essere visti. Rimangono ovviamente i “nascondigli” vari, ma perdono molto di utilità, almeno finché non si deve scappare da degli inseguitori. Le lame celate sono state scalzate in importanza da una nuova, tremenda arma: il fischio. Fischiare per attirare qualcuno e poi eliminarlo adesso funziona a dovere, e se usato con intelligenza e pazienza può portare ad aprirsi strade apparentemente inconcepibili. Anche fin troppo.

Persino l’Occhio dell’aquila trova finalmente una propria vera utilità: poter “taggare” i nemici e continuarli a vedere anche attraverso le pareti aiuta davvero tanto a farsi un’idea della reale posizione di qualcuno, e combinato col sempre presente radar dà un quadro molto chiaro del contesto attorno a voi, un elemento fondamentale per azioni rapide e mirate.

L’IA è l’unico elemento a non essere sostanzialmente migliorato. Per quello che deve fare funziona, ma è stupida e ancora parecchio irrealistica. Se la si rivoluzionasse, d’altronde, sarebbe necessario ripensare l’intero sistema delle fasi stealth alla radice, perché solo inserendo un’IA competente nel gioco per come è fatto ora il risultato sarebbe l’impossibilità assoluta di non farsi scoprire.

 

E tutto il resto, cioè le sequenze di puro combattimento? Beh… è Assassin’s Creed. Edward è una macchina di morte. Non è per niente immortale, soprattutto all’inizio, ma se si sa giocare e si capiscono i trucchetti fondamentali ben poche cose possono fermarlo spade alla mano, e il numero di cadaveri che si lascia alle spalle in tempi brevissimi è spaventoso. D’altra parte spesso i combattimenti coinvolgono molti nemici, e questo non è certo il gioco che si gioca per la sfida, o almeno non per quel tipo di sfida. Forse a conti fatti è meglio così. Il che non vuol dire che alcune cose non siano migliorabili.

Le animazioni sono in parte riprese da quelle di AC 3 e in parte completamente nuove, e la gamma finale di mosse che si vede fare è sicuramente abbastanza varia da non far annoiare. Ci sono comunque problemi di concatenazione e piazzamento dei modelli, soprattutto nelle situazioni più “instabili” (tipo durante un abbordaggio o in porzioni di terra molto strette). Si tratta di bug, non di regole, ma non sono esattamente rari. In ogni caso non influiscono sul gameplay, solo sulla sua resa grafica. Quindi non so neanche davvero perché ne sto parlando adesso.

 

 

L’equipaggiamento di Edward è diverso da quello dei vecchi giochi, per più ragioni. In primo luogo, la “rotella” delle armi è diventata una “croce”, perché adesso – e aggiungo “finalmente” – è possibile selezionare qualsiasi elemento dell’arsenale unicamente col d-pad, scorrendo con i tasti “su” e “giù” gli equipaggiamenti da corpo a corpo e con quelli “sinistra” e “destra” tutto il resto, dalle pistole ai soldi da lanciare alle mappe dei tesori, che sono trattate come un oggetto attivo.

I gadget di Edward non sono tanti, ma spicca di sicuro la cerbottana, che può essere usata per addormentare per un tempo breve i nemici oppure per farli impazzire e far loro attaccare gli amici, in modo simile ma ancora più efficace rispetto a quello che succedeva col veleno allucinogeno di Ezio.

È un peccato che sia sparita la possibilità di portarsi dietro qualsiasi arma base diversa da una coppia di spade, anche se raccogliere e usare quello che lasciano i nemici (fucili con baionetta, spade singole, armi a due mani) è sempre possibile. Certe volte si ha semplicemente bisogno di uccidere qualcuno piantandogli in corsa un’ascia da dieci chili nella schiena.

I’m shipping up to Kingston

Il mare è una componente fondamentale del gioco, decisamente molto più di quanto non fosse in AC 3. C’è ancora un “covo”, un’isola con una villa che si può abbellire e dotare di edifici secondari, ma sono poche cose e hanno solo effetti immediati su alcuni elementi del gameplay. Il centro di tutto, dove sono anche l’armeria, i settaggi per gli aspetti estetici e la mappa per accedere alla Flotta, è la vostra nave, la Jackdow, e per estensione il mare. È lì che passerete il grosso del tempo.

E come per tutto il resto ci sono tante cose da dire a riguardo.

 

 

La nave si guida esattamente come in AC 3, con l’aggiunta ora di una terza velocità, pensata per i lunghi spostamenti e durante la quale non è possibile compiere nessuna azione offensiva. Le manovre sono sempre comode e intuitive, come nello scorso capitolo. Ora, in più, non veniamo insultati senza ragione ogni volta che finiamo controvento.

La ciurma di Edward canta delle canzoni popolari marinaresche durante i viaggi; all’inizio ne conosce poche, ma il numero viene aumentato recuperando nuovi testi svolazzanti sparsi un po’ per tutto il mondo. Non ha effetti sul gioco, ma è davvero un tocco di classe, e lo è ancora di più il fatto che è possibile “accendere e spegnere la radio” a comando (azione spesso accompagnata da un commento laconico del capitano).

 

Combattere è invece cambiato molto. Di sicuro è diventato meno legnoso, ma in un certo senso anche meno tattico.

La distinzione tra “danni alle vele” e “danni allo scafo” non esiste più, così come qualsiasi altro tipo di danno a zona: le navi hanno un’unica barra della vita, indipendentemente da dove e con cosa le si colpisce. Non è possibile mirare a rallentare il nemico, semplicemente arrivate ad un livello di salute vicino allo zero tutte le imbarcazioni (esclusa la vostra) perdono del tutto l’abilità di muoversi e di attaccare, restando ferme alla deriva e diventando possibili bersagli per un abbordaggio.

Per quanto forse questo possa suonare come un deciso passo indietro, di fatto è tutto solo più affidato all’abilità di manovra che ad una mira complicata da gestire. Gli armamenti sono stati modificati di conseguenza, ma l’arsenale complessivo è aumentato e migliorato in efficienza.

I cannoni sui lati ora hanno un minimo di gioco ed è possibile mirare con essi, non solo sparare perfettamente dritto. A prua ci sono un altro paio di cannoni che sparano palle incatenate (che vanno potenziate a parte, ma che causano un danno dello stesso tipo delle palle normali e di tutti gli altri colpi), mentre il retro della nave è equipaggiato con barili esplosivi da lasciare in mare come mine. La ruota delle armi sulle navi è sparita del tutto, e si dà l’ordine di sparare con qualcosa piuttosto che con qualcos’altro in base all’angolo della visuale della telecamera; ci vorrà una mezz’oretta per abituarsi alla cosa, ma quando si interiorizza il concetto è tutto davvero comodo.

Ci sono ancora anche i “cannoni girevoli”, quelle specie di colubrine montate su supporti, che esattamente come prima vengono usati quando in una nave nemica si scopre un punto vitale oppure per distruggere i barili esplosivi alla deriva; la differenza è che ora non serve più rilasciare il tasto nel momento giusto, basta tenerlo premuto un paio di secondi per avere un aggancio perfetto sul bersaglio. In aggiunta sono anche acquistabili dei mortai, con cui si mira con un tasto a parte (da me L1) e che permettono di colpire a grandi distanze, e i “colpi pesanti”, un attacco alternativo molto potente per i cannoni sulle fiancate ma solo a breve gittata e non direzionabile (se si spara senza mirare si usa l’attacco pesante, se si mira i colpi normali). Speronare dà soddisfazione come sempre, anche se la grande potenza di fuoco sia vostra che avversaria e la relativa facilità di colpire da molto più lontano lo rende un fenomeno più raro, e molto più rischioso se non per finire un avversario.

 

 

Una notevole aggiunta sono gli abbordaggi, che sono ora possibili contro qualsiasi nave si desideri una volta che la si ha danneggiata fino a farla fermare. L’arpionamento e l’accostamento avvengono in tempo reale, con risultati ben superiori alle mie aspettative. Prima di saltare dall’altra parte è possibile sparare cinque colpi da un cannone girevole, col quale si mira a mano e liberamente usando la levetta destra.

A seconda della dimensione e della potenza della nave abbordata sottometterla sarà più o meno difficile. Per portare a termine con successo l’attacco è sempre necessario completare una serie di obiettivi: quello base, sempre presente, è uccidere un certo numero di nemici, la cui quantità può variare (contano sia le vittime fatte da Edward stesso che quelle della ciurma); a questo si possono aggiungere anche l’uccidere uno o più ufficiali o tiratori scelti, far saltare degli accumuli di polvere da sparo e tagliare via la bandiera dall’albero maestro.

La maggiore “delusione” degli abbordaggi è il modo in cui sono inseriti negli scontri più grandi. Quando la nave di Edward inizia l’attacco a un’altra imbarcazione è come se il tempo tutto intorno si fermasse, per ripartire appena l’attacco è stato risolto. Se questo può ancora essere considerata una soluzione di comodo diventa decisamente troppo strano se si considera che anche il post-abbordaggio avviene nel mezzo della battaglia. Una volta conquistata una nave la si può infatti destinare a tre scopi: riparare la propria, ridurre il livello ricercato (a cui arrivo più avanti) o aggiungerla a quelle della Flotta. Questo vuol dire che se nel mezzo di uno scontro stiamo per essere spazzati via si può abbordare una misera cannoniera che passa di lì: tutti i galeoni che stavano per finirci si fermeranno a guardarci conquistare e poi smontare la preda, per poi usare i pezzi per riparare la nostra nave. Al che lo scontro riprenderà.

Questo è un limite concettuale grave, ma se si guarda al solo gameplay è una cosa che passa un po’ in secondo piano. Nulla d’altra parte obbliga ad abbordare le navi danneggiate, né subito né mai, visto che con qualche altro colpo le si può far direttamente affondare, recuperando lo stesso metà del loro carico.

 

 

Non è solo possibile potenziare la nave di Edward, è quasi obbligatorio. Le navi incontrabili per mare sono distinte per tipi e livello (scopribili a distanza di sicurezza con l’uso del cannocchiale), e alcune di esse semplicemente non sono affrontabili all’inizio. Questo rende anche man mano che si va avanti sempre più scontri troppo facili, ma non preoccupatevi: c’è sempre un pesce più grosso nell’oceano. In particolare, ci sono quattro navi leggendarie parcheggiate agli angoli della mappa che aspettano solo una visita…

Lo stipendio del pirata

La moneta corrente nei Caraibi è il Real, e ve ne serviranno tanti se volete migliorare la nave e il vostro equipaggiamento personale. Le fonti di guadagno sono diverse, ma quelle che procurano cifre di una qualche utilità sono poche: compiere missioni, razziare navi, vendere alcune risorse. Che si ottengono soprattutto razziando navi. In altre parole, il gioco incentiva molto a fare i pirati, o si resta per forza indietro con gli upgrade.

Ma i soldi non sono l’unica risorsa. Per niente. Ce ne sono altre cinque, due delle quali inutilizzate se non per essere vendute e fare soldi. Nessuna di queste risorse è semplicemente comprabile, bisogna trovarle o rubarle. E rubarle è l’unico modo per averne delle quantità decenti, motivo per cui essere un pirata quasi a tempo pieno è ancora più conveniente nel mondo di gioco. I pezzi migliori per la nave richiedono quasi sempre l’uso delle tre risorse per i potenziamenti – ferro, legname e tessuto – oltre a soldi.

 

Edward può comprare coppie di spade e pistole di diversi tipi, caratterizzate da diverse statistiche, e per farlo ha bisogno solo di soldi. Come nei vecchi giochi c’è un’armeria, in questo caso virtuale e accessibile dalla cabina della nave, che permette di scegliere quale dei tipi di armi posseduti ci si porta in giro.

I potenziamenti dell’equipaggiamento (cioè l’aumento della salute, del numero di pistole cariche che si hanno contemporaneamente e della capienza delle borse che permettono di portare scorte, nonché l’efficacia dei dardi della cerbottana) al contrario non richiedono mai né risorse base né soldi, ma vengono realizzati coi proventi della caccia, sia terreste sia marina. A differenza delle risorse essi sono anche acquistabili, oltre che vendibili; si tratta di una misura di sicurezza, perché le pesche per mare non sono infinite e in teoria si rischia di vendere un oggetto unico necessario a potenziare qualcosa.

 

 

Alcuni potenziamenti ed aggiunte hanno poi bisogno di alcuni requisiti preliminari soddisfatti. In certi casi bisogna aver completato una certa percentuale di missioni di un certo tipo, in altri bisogna completare alcune Sfide Abstergo, in altri ancora bisogna aver trovato il “progetto” dell’oggetto. I progetti sono oggetti collezionabili come tutti gli altri, e possono essere la ricompensa per alcuni bauli speciali o per le cacce ai tesori sepolti recuperabili con le mappe.

Non inizio neanche a parlare degli acquisti puramente estetici. Sappiate che seguono la stessa logica di quanto già detto, e che la mia nave è sicuramente molto più di classe da quando ha un gargoyle rampante come polena.

Brave “New World”

La gestione della mappa di gioco è simile a quella dei titoli precedenti. Ci sono alcune città che fanno “mappa” a sé, quelle più grandi (L’Avana, Kingston, Nassau…), e che sono quindi tecnicamente parlando scollegate dal resto del mondo. Questo “resto del Mondo” è un’unica, grande zona, quella centrale in cui è possibile spostarsi solo per nave e che contiene senza passaggi di area tutte le altre isole esplorabili.

È possibile eseguire dei viaggi rapidi in tutte le isole e città già visitate, e in più anche andare direttamente sulla sommità di ogni punto d’osservazione già sincronizzato. Dato che ogni area è piccola, in definitiva, si arriva comodamente ovunque nel giro di pochissimo, a patto appunto di esserci già stati.

 

Il mare è diviso in zone, in ognuna delle quali è presente un forte. È possibile attaccare i forti in qualunque momento, con lo scopo prima di distruggere le loro difese con la nave e poi di uccidere gli ufficiali in un assalto a piedi. Una volta che un forte è stato liberato tutta la sezione di mare viene rivelata mostrando tutti gli oggetti interessanti presenti in essa, come ho già accennato qualche migliaio di parole fa.

La “difficoltà” non cambia col tempo, ma in base alla zona in cui si viaggia. La regola è semplice: nel nord si incontreranno solo imbarcazioni piccole o piccolissime; nella fascia centrale di mondo ci sono anche navi di dimensioni maggiori; nel sud c’è di tutto, ed è poco consigliabile farci un salto se non nelle fasi veramente avanzate della partita.

 

 

A terra il livello di notorietà non esiste più, ma di contro ce n’è un equivalente per mare; che funziona però in un modo leggermente diverso da quello a cui gli scorsi capitoli ci hanno abituato. In mare aperto, finché si sta lontano dalle zone vietate nessuna nave attaccherà mai la vostra se non viene provocata. Parallelamente all’aumento della vostra notorietà, però, arriveranno sempre più “cacciatori di pirati” a cercare di eliminarvi. Sono nemici deboli, e alla fine si rivelano più una fonte di risorse che spine nel fianco, me è comunque possibile ridurre di uno il livello sacrificando a questo scopo una qualsiasi nave abbordata, oppure azzerarlo pagando una mazzetta agli ufficiali comodamente in attesa solo di voi presso ogni porto.

Questo segna logicamente la fine dei cartelli di ricercato. Ci mancheranno.

Vecchia engine, nuovi trucchi. Ma ancora vecchi problemi

A qualcuno sembrerà strano che abbia deciso di dedicare in questa recensione uno spazio simile al gameplay e così poco a tutto il resto. Il motivo è che su di esso c’era davvero tanto da discutere, per tutta una serie di ragioni, mentre ad esempio sul comparto artistico la questione è riassumibile in due parole: davvero sorprendente.

Ripeto quello che ho detto all’inizio della recensione: io ho visto solo ed unicamente la versione PS4, quindi è di quella che parlo. La versione Xbox One è con ogni probabilità la più simile, insieme a quella PC a settaggi alti. Non rispondo di come appare o gira il gioco sulle vecchie console e su Wii U, per la semplice ragione che non ne ho idea.

 

Il mondo ha un ciclo completo e automatizzato sia temporale che atmosferico, permettendo visioni delle suggestive spiagge caraibiche ad ogni ora del giorno e tanto in un pomeriggio plumbeo quanto illuminate alla luce della luna.

I vari agenti climatici sono realizzati bene come non mai, integrandosi perfettamente con l’ambiente. Quando soffia vento tutte le piante, fino alla più piccola foglia, sembrano oscillare. Quando piove molto forte un livello grafico aggiuntivo (non in tempo reale) ricopre tutti i terreni, mimando con un realismo spaventoso il battere delle gocce di pioggia su un sottile livello di acqua stagnante. I lampi illuminano in modo dinamico, non semplicemente aumentando per un attimo la luminosità globale.

 

 

Per mare il clima è ancora più vivo e presente. Ci sono ben più delle possibilità “sereno”, “nuvoloso” e “pioggia”. Le condizioni possono andare da una calma piatta a una pioggerella leggera a raffiche di vento che fanno inclinare la nave quasi su un fianco a temporali che fanno salire le onde di parecchi metri a veri e propri uragani. Durante certe tempeste la stabilità della nave, così imponente e salda in condizioni normali, di colpo sparisce.

 

Anche togliendo dall’equazione il clima, la cura messa fin nel più piccolo oggetto e pezzo di mondo è incredibile.

Molte delle piante interagiscono fisicamente quando Edward le attraversa, creando uno strano effetto simile a quello di un’onda quando ci si sposta acquattati nella vegetazione. Non credo che la superficie di collisione sia la mesh stessa del pirata, quanto piuttosto una sorta di sfera o solido di qualche tipo posto circa all’altezza della sua vita; il risultato è comunque efficace, se non intonso. Ma qui sto entrando troppo in argomentazione tecniche.

C’è tutta una vastissima fauna, al di là di quella cacciabile, che va da svariati tipi di uccelli a granchi e tartarughe marine sulle spiagge (non che quella cacciabile sia piccola: ci sono iguana, scimmie, felini di varia natura, alligatori e piccoli mammiferi). Viaggiando per mare non è raro veder saltare fuori dall’acqua dei piccoli pesci, dei banchi di delfini, degli squali intenti a cercare di mordere qualcosa o persino delle megattere, esattamente come non è raro scorgere una battaglia spontanea tra vascelli battenti bandiera diversa. Ma anche a terra i piccoli tocchi di classe non mancano; spesso si possono notare minuscoli filamenti verdi cadere dalle palme, o delle farfalle vicino alle zone verdeggianti più ricche di fiori. Persino i banchetti del pesce nei mercati hanno delle mosche che gli ronzano intorno.

 

Una volta sono sbarcato su un’anonima isoletta su cui la mappa mi segnalava un forziere, e questo è (una versione massacrata nella palette e statica de-) lo spettacolo che mi aspettava:

 

Mente avanzavo lentamente a piedi verso la spiaggia, con l’abito fradicio e grondante acqua, una debole pioggia ha cominciato a battere creando migliaia di increspature sulla superficie calma del mare. Sulla riva c’erano alcuni fenicotteri, che appena mi hanno notato hanno preso il volo, iniziando a volteggiare sopra l’isola. Intanto la pioggia si faceva più forte, e il vento faceva oscillare violentemente le foglie delle palme. Ho alzato la telecamera e ho notato anche dei gabbiani, e forse degli altri, strani uccelli che aspettavano solo che me ne andassi per tornare a posarsi. Sullo sfondo un lampo ha illuminato il profilo verdeggiante di un’isola lontana.

Per un istante ho veramente avuto la sensazione di avere turbato l’equilibrio di un’oasi immacolata.

 

Assassin’s Creed IV ha una grafica incredibile, ma di un tipo meno spendibile di quanto non possano essere modelli e texture iper-realistici o sistemi di illuminazione con effetti ottici radiali complicatissimi. Assassin’s Creed IV punta ad una via molto più raffinata: lo stile artistico e la presentazione di un mondo vivo ed unitario. E accidenti se ci riesce.

Questo risultato fenomenale, unito ad una fluidità di gioco perfetta (mai una volta ho avuto anche solo la vaga impressione di un calo nel framerate, e badate che ho l’occhio allenato) e alla sensazione che questo unico, immenso mondo tutto collegato trasmette, farebbe salire il voto veramente in alto.

 

 

Ad abbassarlo ci pensano, purtroppo, alcuni glitch visivi, tutti piuttosto insoliti e fastidiosi.

Qualche volta le ombre degli oggetti in lontananza appaiono strane, come se fossero mostrate per punti troppo radi per coprire la superficie su cui sono proiettate e che si fanno sempre più fitti man mano che ci si avvicina. Il cielo, per qualche ragione, certe volte cambia luminosità per un momento se si alza la telecamera molto velocemente, come se rimanessero delle “strisciate” di colore.

Su un tv molto preciso come quello che ho io, poi, si nota l’assenza totale di qualsiasi sistema di “smussamento” per le texture lontane, che unita allo stranissimo sistema di calcolo delle ombre della engine fa sbrilluccicare di punti di luce e di buio gli alberi (e con certe luci anche le case) più distanti ogni volta che la telecamera si muove anche solo di poco.

Occasionalmente alcuni aloni e filtri (tipo la colorazione in rosso e in giallo dei nemici quando si usa l’Occhio dell’aquila) appaiono “sdoppiati” durante qualsiasi tipo di spostamento, un po’ come quando in un video viene invertito l’ordine di esecuzione del field; so che non è un esempio molto alla mano, ma non mi vengono veramente in mente altri modi per rendere il concetto. Più raramente ho visto un effetto simile applicato ai modelli stessi del gioco, soprattuto in mare.

L’impressione complessiva che mi sono fatto è che la engine di gioco gestisca perfettamente le nuove aggiunte e che non senta minimamente il peso dei calcoli, anche quando sono davvero intensi, ma che lo strampalato sistema alla base stessa della raffigurazione delle ombre e forse anche delle mesh ha funzionato bene finché c’era bisogno di approssimare senza appesantire, ma che ora che viene spinto verso un sempre maggiore fotorealismo senza più paura di andarci leggero sulla console abbia bisogno di un serio ripensamento.

 

 

Una sorte simile tocca anche all’imponente impalcatura di animazioni per i movimenti di Edward e degli NPC: quando tutto funziona come dovrebbe si è davanti ad uno dei titoli dalla gamma e concatenazioni di animazioni più incredibile della storia, ma capita che qualcosa vada storto. Un modello nemico fonde male la propria animazione a quella del protagonista, qualche cadavere finisce in una posizione strana e inizia a vibrare… cose di questo tipo, che chi ha giocato agli scorsi giochi, ed in particolare ad Assassin’s Creed 3, conosce bene.

Se in AC 3 questi problemi erano la norma qui sono eccezioni, ma ciò non toglie che non si è ancora riusciti a cancellarli e che si presentano davvero troppo spesso per fare finta di nulla.

 

Ci tengo a precisare, già che ci sono, che il gioco non si è mai bloccato o è crashato, e che solo una volta sono incorso in un bug “normale” (un alleato si era incastrato in un muro), che comunque si è risolto facilmente (con una decisa spallata).

 

Spendo giusto due parole anche per il sonoro, limitandomi a dire che è dello stesso livello della grafica, ma senza bug. Le musiche sono molto d’atmosfera, facendosi davvero sentire solo nei momenti più concitati, tipo gli abbordaggi. È evidene che Assassin’s Creed IV non è un gioco costruito sull’esperienza acustica, ma anche gli effetti sonori sono tanti e tutti più che credibili.

Una menzione speciale va al doppiaggio italiano, che sia per la bravura intrinseca dei doppiatori (cosa scontata per titoli con produzioni di questi livelli) sia per la sincronizzazione dei labbiali e il bilanciamento dei volumi fa nel complesso un lavoro quasi impeccabile. Siamo veramente vicini ad un livello da film, sotto ogni punto di vista.

La verità è là fuori

Prima di finire non posso sorvolare su un’altra delle sorprese più gradite: la parte fuori dall’Animus.

 

 

La storia qui serve, come sempre, a giustificare le sequenze di gioco normali. Non scendo troppo nei dettagli per non generare spoiler (più che altro relativi agli ultimi capitoli, per chi magari non li ha ancora giocati), ma il giocatore interpreta con una visuale in prima persona un anonimo, silenzioso e per noi senza volto dipendente degli studi Abstergo, coinvolto in un nuovo progetto che mira a permettere a più persone di scavare nella memoria genetica di qualcuno (nel nostro caso, sempre Desmond Miles) col fine, almeno immediato, di ricavarne storie da vendere sotto forma di libri, film e simili.

Sì, avete capito bene: il vostro lavoro è letteralmente quello di vivere la vita di Edward Kenway per estrarre materiale con cui realizzare prodotti di intattenimento.

 

Assassin’s Creed IV rompe un bel numero di quarte, quinte e seste pareti e si prende gioco di se stesso, ma lo fa in modo sottile. Non sottile perché è difficile vedere il parallelo tra i reali giochi prodotti da Ubisoft e gli studi fatti all’esterno dell’Animus nel gioco, ma perché la storia che ci viene raccontata non è solo “satira”, è effettivamente una storia che sta perfettamente in piedi da sola, e che per vie secondarie si collega e fa continuare quella dei capitoli precedenti.

Il mondo degli uffici Abstergo, per quanto piccolo e tecnicamente parlando molto semplificato, contiene una quantità spaventosa di documenti da recuperare, in parte cercando degli strani post-it attaccati alle pareti e in parte violando i computer vuoti che si trovano in giro. Ci vogliono letteralmente ore a leggere tutto, e sono tutte letture a modo loro interessanti. Ad un certo punto mi sono imbattuto in un’analisi di mercato relativa all’appeal che potevano avere sul pubblico vari personaggi a cui si aveva accesso, che decretava che Altair non è il personaggio giusto e che ci vorrebbe una figura più viva e d’azione. Il discorso poi vira su Abbas, che chi ha giocato Relevations ricorderà, ma la cosa mi ha fatto sorridere perché era evidente che Ubisoft stava almeno in parte parafrasando se stessa al momento del marcato cambio di stile intercorso tra Assassin’s Creed I e II.

 

 

Mi piace vedere la parte di gioco fuori dall’Animus come un parallelo perfettamente riuscito di quello che avviene dentro: esattamente come Edward non è un Assassino e decisamente non è schierato a prescindere, ma è solo un uomo che vive la propria storia che finisce per intrecciarsi alla guerra Assassini-Templari, il protagonista nel presente è un “osservatore”, non un attore di quello che sta succedendo, e guarda il tutto con occhi esterni.

Credo che questo generi uno strano doppio modo con cui ci si può approcciare a quel che si vede. Un giocatore che ha seguito da sempre il franchise riconoscerà già molto di quello che gli capiterà tra le mani, ma allo stesso tempo sarà in grado di fare nuovi collegamenti e di trarre spunti di riflessione. Un nuovo giocatore, che magari gioca con Black Flag per la prima volta in assoluto un Assassin’s Creed, avrà una visione molto più istruttiva e ricca di informazioni, ma non per questo meno efficace nell’essere comprensibile, e al contrario molto più suggestiva.

Il che è esattamente quello che succedeva nel primissimo Assassin’s Creed, quando ancora della realtà del mondo moderno non si sapeva assolutamente nulla, né dell’Abstergo, né di Desmond, né degli Assassini. Questi occhi nuovi con cui guardare il mondo sono stati un gradito tuffo in un alone di mistero scomparso da tempo.

 

 

Non ho molto da dire sul vero e proprio gameplay di questa sezione del gioco, più che altro perché non è certo quella la parte importante. Ci si muove bene e fluidamente, anche se non c’è mai fretta per fare nulla e non è possibile incorrere in game over di nessun tipo.

I computer vengono hackerati tramite tre mini-giochi diversi, uno di riflessi e due di logica. Il primo sarebbe facilissimo, ma può diventare frustrante per via della legnosità dei controlli, mentre il secondo e il terzo sono talmente facili che anche andando completamente a caso si arriva alla soluzione nel giro di secondi. È un peccato se li si pensa in relazione agli ispiratissimi enigmi dei cluster di Assassin’s Creed 2 e Brotherhood, ma alla fine si inseriscono nel gioco senza infamia né lode.

Per concludere (e sarebbe anche ora)

Ho scritto davvero tanto, ma è solo perché in questo gioco c’è davvero tanto di cui non solo si può, ma vale la pena scrivere. E senza neanche sforzarmi troppo mi vengono in mente ancora tante, tantissime piccole e grandi cose di cui avrei potuto e voluto parlare, ma per cui non ho trovato lo spazio e il modo giusto di introdurle. Una a caso: il multiplayer?

Quando dopo una sola partita, per quanto lunga quasi 50 ore, un gioco lascia così tanto su cui ragionare e analizzare, soprattutto per motivi di merito, credo sia già quello un segno che si è davanti a un’opera di statura superiore alla media e che meriterebbe di essere provata con mano.

 

 

Dovendo tirare le somme, Assassin’s Creed IV è stato una piacevole sorpresa sotto ogni punto di vista possibile. La storia è molto quadrata e facile da apprezzare, e soprattutto non cade nei facili cliché che i temi ricorrenti della serie oramai suggerirebbero. Il gameplay si riprende egregiamente dalle tante incertezze di AC 3 e trova forse per la prima volta un proprio equilibrio quasi ottimale, arrivando a una pienezza tale da farne una delle basi fondanti stesse del gioco. Il comparto artistico, sia visivo che sonoro, è ottimo e minato solo da difetti dovuti a sporadici problemi dell’engine. La longevità è garantita da un numero enorme di cose da vedere e da fare, tutte inserite in un gioco piacevole da giocare e in ambienti belli da vedere. E, cosa forse più inaspettata di tutte, la parte di storia fuori dall’Animus smette di essere usata per raccontare la trama di un B-movie apocalittico e torna a modo proprio a donarci squarci in chiaroscuro su un mondo immenso e solo apparentemente semplificabile in “buoni” e “cattivi”.

Se nel grosso dei capitoli della serie usciti fino ad ora pregi e difetti erano entrambi ben evidenti, ma alla fine i pregi avevano sempre la meglio (con un margine più o meno ampio), in Black Flag per la prima volta i segni più nella colonna fanno impallidire i meno, relegandoli quasi tutti a imperfezioni marginali e piccoli compromessi.

 

Black Flag non è perfetto, ma è un titolo solidissimo, intuitivo, divertente, per nulla stupido e in definitiva davvero, davvero bello. Un acquisto obbligatorio sia per gli amanti del mondo dei pirati sia per gli appassionati di action-adventure tendenti allo stealth, nonché per tutti i fan del franchise e probabilmente anche per molte altre persone.