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Prey (2017) (PC) - Recensione

Ben 11 anni separano il primo Prey, uscito nel 2006, e il Prey uscito quest’anno, sviluppato da Arkane Studios e pubblicato da Bethesda. Non l’avete giocato? Tranquilli, i due giochi hanno in comune solo il titolo, in quanto lo studio che si stava occupando di quello che sarebbe dovuto essere Prey 2, Human Head Studios, ha ceduto il posto ai francesi di Arkane Studios, sull’onda del successo della loro precedente fatica, Dishonored. Il Prey del 2017 consiste quindi in un reboot della serie, un nuovo inizio…e che inizio!

 

Cosa sarebbe successo se…

…John Fitzgerald Kennedy non fosse rimasto ucciso nell’attentato di Dallas nel 1963? Nella realtà immaginata dagli sceneggiatori di Prey, il Presidente degli Stati Uniti d’America ha continuato il suo progetto di esplorazione spaziale, arrivando ad attirare l’attenzione di una pericolosa razza aliena, i Typhon. Per non scatenare il panico sulla Terra, gli Stati Uniti e l’URSS si alleano segretamente per lo sviluppo di Kletka (che in russo significa “gabbia”), una stazione spaziale in cui i Typhon vengono imprigionati per arginare una possibile invasione. Nel 1964, però, l’Unione Sovietica cade, e gli Stati Uniti prendono pieno controllo di Kletka, avviando il cosiddetto “Project Axiom” teso a studiare gli organismi alieni catturati. Nel 1980 durante il cosiddetto “incidente Pobeg“, diversi scienziati che lavoravano al progetto vengono uccisi dai Typhon e il progetto Axiom viene abbandonato, così come gli alieni, ancora imprigionati nella stazione spaziale. Nel 2025 una multinazionale neonata, la Transtar, acquisisce la stazione e la trasforma in Talos-1, un laboratorio altamente sviluppato per studiare i Typhon e integrare le loro caratteristiche nel cervello umano, attraverso le Neuromod, che possono quindi conferire a chi le installa poteri sovraumani.

Siamo ormai nel 2032 e noi impersoniamo Morgan Yu (o la sua controparte femminile), il fratello di Alex Yu, dirigente e scienziato della Transtar. Durante una semplice mattinata di test, però, qualcosa va storto e i Typhon sfuggono nuovamente al controllo, creando una breccia nell’area di contenimento. Dopo essere svenuti ci risvegliamo nuovamente nel nostro alloggio. Tutto sembra essere tornato alla normalità, ma scopriamo ben presto che la nostra vita era sostanzialmente una simulazione gestita dagli scienziati della Transtar. Decisi a scoprire la verità, veniamo contattati da January, un operatore che, a quanto pare, avremmo costruito noi stessi precedentemente, con la funzione di salvare un back-up della nostra memoria: qualora decidessimo di rimuovere una Neuromod precedentemente installata, infatti, tutti i nostri ricordi verrebbero resettati al momento dell’installazione. January afferma che Talos-1 deve essere distrutta per impedire ai Typhon di raggiungere e invadere la Terra: inizia la nostra missione.

Evito di dire altro sulla trama, dato che è uno dei tanti se non il maggior punto forte di Prey. Sappiate solo che una volta iniziato non potrete fare a meno di proseguire per scoprirne gli sviluppi.

 

Inquietudine e paranoia

Sono questi i due sentimenti principali che dominano i primi minuti di gioco di Prey. Non solo siamo stati cavie di laboratorio all’interno di un’elaborata simulazione, ma adesso quel laboratorio è anche infestato da organismi alieni che ci danno la caccia. I primi Typhoon con cui avremo a che fare sono chiamati “Mimic“, neri esseri aracnoidi con la brutta abitudine di prendere le sembianze di oggetti comuni. Dovremo quindi imparare fin da subito a distinguere gli oggetti veri dai Mimic, per evitare di finire vittime di agguati che attenteranno non solo alla nostra salute “videoludica” ma anche a quella fisica. Armati di una sola chiave inglese ci addentreremo all’interno di Talos-1, guidati dal nostro alter ego robotico January, andando a scoprire il macabro spettacolo che la stazione spaziale ha da offrirci.

 

I Mimic sono velocissimi, e ben presto affrontarli solo con una chiave inglese diventerà un’impresa, soprattutto quando dovremo combatterne più di uno contemporaneamente. Per fortuna giunge in nostro soccorso l’arma che probabilmente utilizzeremo di più nel corso della nostra avventura: il Cannone Gloo. Questa sorta di pistola a caldo spara una sostanza che solidifica a contatto con l’aria e permette di bloccare i Mimic, lasciandoli completamente alla mercè della nostra chiave inglese, poverini. Inoltre il Gloo può permetterci anche si spegnere incendi, creare percorsi alternativi per raggiungere luoghi altrimenti irraggiungibili, insomma, sarà veramente indispensabile. Parlando di percorsi alternativi, il level design di Prey denota l’abilità di Arkane di costruire e modellare i propri ambienti di gioco in maniera sopraffina. Talos-1 è “liberamente” esplorabile fin dall’inizio e nasconde al suo interno la storia della vita di tutti i giorni dell’equipaggio, paure, sogni, speranze o semplici questioni lavorative. La stazione spaziale è un labirinto complesso di eleganti saloni decorati ad Art Deco ai quali si contrappongono moderni laboratori scientifici o spoglie sale macchine, il risultato di uno sviluppo avvenuto in epoche diverse e sotto l’egida di nazioni e correnti artistiche diverse. L’esplorazione diventa dunque non solo necessaria per scoprire segreti o racimolare oggetti, ma addirittura piacevole e mai noiosa.

 

La ricetta perfetta

Ma sostanzialmente cos’è Prey? Una base di System Shock arricchita da un pizzico di Bioshock e un’immancabile tocco di Deus Ex e Dead Space. Arkane è riuscita nel “Blizzardiano” trucco di prendere il meglio da vari generi, o meglio, “grandi nomi” videoludici e creare qualcosa che, nonostante non rappresenti effettivamente nulla di nuovo, risulta fresco e appassionante.

E sia chiaro, questo è tutt’altro che un difetto.

Andando a scomporre e analizzare le sue componenti, partirei sicuramente dalla meno riuscita, quella FPS. Avendo provato la demo su Ps4 mi resi conto fin da subito di come giocare a Prey con un controller e soprattutto a 30fps sarebbe stata un’esperienza a dir poco frustrante: la rapidità dei nemici unita all’imprecisione della mira, inevitabile con gli analogici, rendevano la gestione delle scarse munizioni un incubo. Fortunatamente ho ricevuto il codice finale del gioco per PC, e devo dire che le cose migliorano, ma fino a un certo punto. Se la precisione con mouse e tastiera aumenta, e i frame al secondo ben sopra i 60(frutto di un’ottimizzazione divina di cui parleremo dopo) rendono il tutto più fluido, non si può fare a meno di notare una certa legnosità nella gestione delle fasi di shooting che, volenti o nolenti, abbonderanno durante la nostra escursione in Talos-1. Potremmo pensare che il tutto sia voluto, in quanto Morgan non è altro che uno scienziato, con poca o nulla esperienza con armi…ma non ci crediamo nemmeno noi.

 

Passando al lato survival c’è da dire che sopravvivere su Talos-1 è tutt’altro che una passeggiata. Una volta comprese le “tattiche” e i trucchi dei Mimic e arricchito il nostro arsenale con alcune armi da fuoco (fucile a pompa e pistola silenziata), liberarci di questi Typhon sarà più un fastidio che un vero e proprio problema. Peccato che i Mimic siano il grado gerarchico più basso della “società” aliena. Ben presto faremo la sfortunata conoscenza di forme di vita più evolute e pericolose come gli Spettri, creature umanoidi in grado di comandare gli elementi come l’elettricità o il fuoco; i Telepati, enormi alieni sferiformi capaci di utilizzare poteri telepatici per rivoltare contro di noi le torrette difensive di Talos; e infine l’Incubo, un essere gigante e indistruttibile dal quale dovremo costantemente sfuggire nelle ultime sezioni di gioco. Se i Typhon rappresentano sicuramente la minaccia più evidente, non ne va dimenticata invece una più subdola: la scarsità di risorse. Sebbene la tentazione di eliminare ogni forma di vita a suon di pallettoni sia costante, spesso dovremo saper rinunciare e preferire un approccio stealth in modo da preservare munizioni e kit medici per quando ce ne sarà davvero bisogno.

 

Affrontiamo infine la componente ruolistica. In Prey è presente una Main Quest, la vicenda principale, alla quale si affiancheranno, man mano, delle Side Quest opzionali. Le missioni secondarie possono sbloccarsi automaticamente procedendo con la Storia, oppure si attiveranno quando andremo ad ascoltare dei messaggi audio o leggere delle mail specifiche dai terminali, insomma quando andremo a compiere delle azioni specifiche. Spesso verremo messi di fronte anche a scelte morali, scelte che verranno commentate da January, e che avranno in seguito spiegazione.

Lo sviluppo di Morgan avviene attraverso l’installazione delle già citate Neuromods. Esse ci garantiranno due tipologie di poteri: quelli legati a capacità prettamente “umane” come il Sollevamento degli oggetti, la capacità di Hacking dei terminali o più classicamente l’aumento dei parametri di Salute e Vigore; e quelle aliene, che ci porteranno ad assumere caratteristiche e poteri molto simili a quelli dei Typhon, come la telecinesi, la capacità di trasformarci in oggetti o di scagliare letali raggi di morte. Personalmente, nella mia run, ho preferito sviluppare quasi totalmente le capacità “umane”, installando solo una mod aliena. January infatti avverte che una quantità di DNA alieno troppo elevata ci rende nemici dei sistemi di difesa di Talos, che ci identificheranno come un organismo alieno. Questo mi ha reso la vita molto più facile in ambito esplorativo, permettendomi di spostare molto presto oggetti pesantissimi o hackerare dispositivi avanzati e ottenere dunque ricompense e risorse bonus. D’altra parte i confronti con i Typhon, sempre più numerosi e forti con il procedere dell’infestazione, mi hanno portato a rinunciare sempre più spesso al combattimento per impossibilità di combattere alla pari. L’albero delle abilità è dunque ben sviluppato e permette al giocatore di sperimentare con l’evoluzione del proprio alter ego, adattandolo allo stile di gioco che si preferisce. Interessantissimo anche il sistema di riciclaggio, che ci permette appunto di riciclare ogni oggetto presente sulla stazione in appositi contenitori, per poi usare i materiali ottenuti per crearne degli altri. Viva l’ecologia!

 

Tecnicamente parlando…

Abbiamo giocato Prey grazie a un codice per PC, sulla seguente configurazione:

Come vi avevamo accennato Prey si è comportato davvero in maniera eccellente, permettendoci di mantenere il frame-rate intorno ai 70fps  con i settaggi al massimo per l’intera esperienza. Alcuni cali vistosi sono stati riscontrati in limitate sezioni di gioco. Se da un lato dobbiamo ammettere che a livello grafico Prey non fa gridare al miracolo (seppur lo stile di Arkane mi piaccia molto personalmente), d’altra parte non possiamo fare a meno di lodare l’ottimizzazione che rende l’esperienza su PC decisamente migliore rispetto alla controparte console, cosa che in questi tempi è tutto meno che scontata. Menzione d’onore anche per il comparto sonoro, con una Soundtrack dalle tonalità Retrowave e Synthwave azzeccatissima e effetti sonori da far accapponare la pelle, soprattutto durante le passeggiate in orbita.