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The Evil Within (PS4) – Recensione

Il male dentro

Quando si legge la firma di Shinji Mikami, autore di titoli come Resident Evil 4, le aspettative sono sempre alte, è inevitabile. Anche i timori, però, sono sempre presenti, dato che, anche per gli sviluppatori più creativi e geniali, rinnovare ed evitare di ripetersi non è affatto facile. Naturalmente, The Evil Within non poteva fare eccezione. Ora, a conti fatti, possiamo finalmente affermare che i fan dei survival horror non rimarrano delusi dal nuovo titolo sviluppato dal team Tango Gamesworks e pubblicato da Bethesda; tuttavia, dobbiamo anche confermare che i timori sorti già prima dell’uscita del gioco erano, e maggior ragione sono, più che giustificabili e giustificati.

Faccio notare il taglio molto cinematografico, con le bande nere orizzontali in alto e in basso

 

I grandi classici non passano mai di moda

Non intendo girarci intorno e usare mezzi termini: la trama di The Evil Within non ha nulla di particolarmente originale. Impersoneremo il detective Sebastian Castellanos che, in seguito ad un’indagine su una strage avvenuta in un manicomio, si ritroverà a combattere un misterioso ed oscuro nemico, la cui oscura forza pare aver posseduto l’intera città, trasformando la popolazione in strani mostri, simili a zombie. Nulla di più e nulla di meno di una qualsiasi delle classiche storie raccontate in tanti film, libri, videogiochi e altre opere a tema horror, motivo per cui i fan del genere sicuramente troveranno piuttosto scontati e telefonati i colpi di scena. Tuttavia, pur non brillando per originalità, la narrazione non può nemmeno essere criticata, essendo comunque coerente, ben strutturata e coinvolgente quanto basta. Insomma, una sufficienza piena, ma non oltre, per una trama che sa di già visto ma che, proprio per questo, non può sbagliare.

La città sta cadendo a pezzi o è una mia impressione? La risposta non è poi così scontata…

Ciò che funziona molto bene, invece, è l’atmosfera. Soprattutto nelle prime fasi di gioco, la tensione è sempre altissima: gli ambienti di gioco sono curati, il comparto audio sa tenere costantemente sulle spine, le munizioni scarseggiano e la consapevolezza che dietro ogni angolo o porta potrebbe celarsi un nemico che non abbiamo sentito sa creare la giusta suspense. Tutto ciò viene portato ai massimi livelli nelle sequenze stealth del gioco, purtroppo presenti prevalentemente solo nei primi dei 15 capitoli del gioco. Proseguendo nell’avventura, infatti, The Evil Within perde progressivamente parte della sua componente horror, mentre aumentano le sessioni più action, sempre divertenti, ma decisamente meno paurose. Ciò non toglie, comunque, che nel corso di tutte le circa 15 ore necessarie a terminare il gioco non mancheranno momenti da cardiopalma, capaci di tenere sempre alta la tensione.

L’occhio del male guarda al passato

Un po’ come la trama, anche il gameplay di The Evil Within non offre nulla di particolarmente innovativo. L’impronta di Mikami si sente, e giocando è impossibile non notare le numerosissime affinità con uno dei maggiori successi dell’autore: Resident Evil 4. Allo stesso modo, soprattutto durante le fasi stealth, il titolo di Tango Gamesoworks richiama alla mente anche un altro recente capolavoro per PlayStation: The Last of Us. Quanto questa mancanza di innovazione sia un male e quanto, invece, sia un bene aver preso spunto ed essere riusciti ad avvicinarsi a titoli di questo calibro è abbastanza soggettivo. Chi ha amato questi due titoli, probabilmente, saprà apprezzare anche The Evil Within, ma solo a patto di essere consapevole e accettare di non andare incontro ad un prodotto rivoluzionario.

Dopo questa importante premessa, cerchiamo di analizzare un po’ meglio il gameplay di The Evi Within. Nel corso del gioco, si alternano principalmente fasi di esplorazione a fasi di combattimento. Durante le prime, sicuramente le più riuscite, abbiamo la possibilità di raccogliere munizioni per le varie armi a nostra disposizione (balestra, revolver, fucili…), kit medici, e gel verde, che ci servirà per potenziare l’equipaggiamento e le abilità del protagonista. Naturalmente, il tutto sempre facendo attenzione a nemici nascosti, talvolta addirittura invisibili, che da un momento all’altro potrebbe sbucare fuori e rincorrerci, tenendo quindi sempre alta la tensione. Sporadicamente, ci troviamo anche di fronte a qualche enigma, ma mai nulla di particolarmente complesso e difficile, non siamo certo ai livelli di un Silent Hill, giusto per fare un esempio citando uno dei principali esponenti del genere.

Tramite questi specchi, presenti i vari punti del gioco, possiamo raggiungere la nostra stanza d’ospedale e potenziare le nostre abilità con il gel verde

Nelle fasi di combattimento, invece, ci troviamo di fronte ad orde di zombie, disarmati, equipaggiati con armi bianche o addirittura con armi da fuoco. Dosare le munizioni, non sbagliare un colpo e mirare alla testa, dunque, diventano pratiche fondamentali per la sopravvivenza, ancora di più quando si ha a che fare con le boss fight, alcune delle quali sono davvero toste. Fortunatamente, come già accennato prima, usando il gel verde raccolto durante il gioco, possiamo potenziare armi ed abilità del protagonista. Una volta terminato il gioco, poi, si sbloccano la difficoltà difficile e alcuni bonus, ed è possibile iniziare una Nuova Partita +, che ci permette di ricominciare l’avventura, ma con tutti i potenziamenti e ciò che abbiamo raccolto durante la precedente partita.

Quando l’atmosfera è tutto

In un horror, si sa, l’atmosfera ha un ruolo chiave. The Evil Within, per fortuna, in questo campo non delude, e se parte del merito è ovviamente del gameplay, non si può comunque sottovalutare la cruciale importanza del comparto audio e video.

Graficamente, siamo su livelli abbastanza buoni, e il picco è raggiunto dalla realizzazione dei modelli dei personaggi che, come si può notare dagli screenshot inseriti in questa recensione, sono davvero ottimi. Molto interessante, anche, la scelta di dare un taglio estremamente cinematografico al gioco, che su schermo appare con l’Aspect Ratio 1.85:1, con due bande nere orizzontali agli estremi superiori e inferiori dello schermo.

Altra menzione d’onore va al comparto audio, che può vantare innanzi tutto un ottimo doppiaggio in italiano, oltre che ad effetti sonori sempre credibili e una colonna sonora forse non indimenticabile, ma sempre azzeccata al contesto e capace di amplificare e tenere sempre alta la suspense.