RetroGaming, puntata 10: Sanitarium (1998; PC)

RetroGaming, puntata 10: Sanitarium (1998; PC)

Siamo arrivati alla decima puntata di questa rubrica e dopo ben venti intense settimane sono ancora qui a parlare di giochi che ben pochi ricordano e che ancora in meno considereranno dopo averne scoperto l’esistenza grazie al mio lavoro. Questo può voler dire solo una cosa.

Che ho avuto un’infanzia molto triste e che il mio presente non è da meno. Ovviamente.

Se tutti i giochi di cui ho parlato fino ad oggi sono però appunto titoli che conosco da almeno un decennio, che nel tempo sono “passati in cavalleria” e che riesumo dagli scaffali e dalla memoria di volta in volta, Sanitarium è invece un gioco che ho provato per la prima e unica volta appena un anno fa. Il che, probabilmente, mi permetterà di osservarlo con occhio più “pulito” da ricordi vari, cosa positiva in questo specifico caso soprattutto perché essendo qualcosa che si gioca più che altro per la trama non mi può aiutare avere fatto magari molta pratica con un gameplay ostico in anni in cui avevo molto più tempo libero.

 

Ah, e questo gioco tratta (tra le altre cose) di bambini i cui occhi vengono strappati da dei corvi perché sì, ma che poi sono lo stesso felici e giocano tutti insieme a nascondino seppellendosi vivi a vicenda sotto la sovrintendenza di un essere alieno vegetale caduto in una stalla da un meteorite. Che ha massacrato tutti gli adulti della città e ha chiuso i loro cadaveri nella scuola. Oh, ma quello era solo un sogno. Dentro un altro sogno. Ok, adesso la pianto con l’umorismo a punti.

Per dirlo ancora più chiaramente, sconsiglio di dare Sanitarium in mano a bambini sui 10 anni, a meno che non vogliate che da grandi sfoghino l’ansia incidendo bocche urlanti con un cacciavite a stella su carcasse di animali appese a ganci. Quindi, in un certo senso mi sento sollevato di non averlo giocato dieci anni fa.

 

Sanitarium - screenshot 2

Non va bene. Non va bene per niente.
Immagine originale qui

 

Spesso inizio o finisco questi articoli dicendo “è un gioco oggi un po’ ostico da fare, ma all’epoca visto che ci si era abituati era nella norma”; in questo caso posso dire a cuor leggero “è un gioco oggi un po’ ostico da fare, e anche se all’epoca ci si era abituati era altrettanto ostico”. Perché? Perché Sanitarium è un’avventura grafica isometrica, qualcosa che ha ossessionato le menti dei giocatori per secoli: non hai un range fisso di azioni tra cui scegliere, ma allo stesso tempo gli scenari sono molto più grandi di semplici immagini una dopo l’altra in cui spostarsi (e spesso molto più confusi per capire chiaramente cosa è interagibile e cosa no).

(Al di sotto di questo genere come imprecazioni gratuite ci sono solo le avventure grafiche con input testuale libero, di cui non intendo parlare. No. NO. Ho brutti trascorsi con vari esponenti di questa morente tipologia di mezzo narrativo, non ultimo Gabriel Knight. Raccogliere della neve in una coppa per farla scioglere e lavarcisi le mani non va bene, mentre mettere le mani fuori dalla finestra, raccogliere la neve che cade alla meno peggio e usarla per lavarsele come se una nevicata fosse acqua corrente del rubinetto sì. “Cabrit sans cor” anyone?)

Tornando a noi, per il suo genere Sanitarium non è certo tra i giochi più difficili, anzi, riduce al minimo le richieste incomprensibili, ma in assoluto o siete pronti e vogliosi di passare i prossimi due o tre mesi cliccando su ogni sassolino di 6×3 pixel a video per capire quale potete sollevare e tirare contro una campana o vorrete procurarvi una guida su internet, non dico da usare costantemente, ma almeno quando – inevitabilmente – vi bloccherete perché la cosa tanto logica da fare non funziona, o se anche dovrebbe funzionare non capite come spiegare al gioco che è quello che volete fare.

Sbrigata questa doverosa pratica, grazie alla quale conto di non dover più dire nulla sul gameplay, passiamo a quello che veramente merita di essere discusso: la trama di Sanitarium.

 

Sanitarium è il classico gioco che non si spiega, neanche vagamente. Dopo un filmato di forse 50 secondi in cui vediamo un uomo salire su un’auto, dire al telefono alla moglie che “Finalmente l’ha capito… era così semplice! Come aveva fatto a non arrivarci prima?!” e poi fare senza apparente ragione un incidente cadendo da un tornante, inizia la partita.

E che inizio.

 

Sanitarium - screenshot 1

Voi siete l’uomo a mezza altezza un po’ sulla sinistra, quello bene in luce. Se avete delle domande:
– sì, l’uomo in alto sta prendendo ripetutamente a testate il muro nel tentativo di spaccarsi il cranio (e con un certo successo, a giudicare dal sangue e dal suono che fa ad ogni colpo);
– sì, l’uomo in basso al centro è un folle balbuziente con aria spaesante che vi dirà frasi vaghe e molto scontate;
– e sì, al gargoyle non potrebbe sbatterne di meno di tutto quanto.
Immagine originale qui

 

Non intendo andare eccessivamente nei dettagli della trama, primo perché non me la ricordo così tanto bene da poterla elencare punto per punto, e secondo perché è più che altro l’impatto visivo e sonoro – in altre parole, l’atmosfera – a dare un qualche senso a tutta una serie di cose che potrei descrivervi qui a parole, ma che suonerebbero unicamente come un unico, gigantesco delirio inutile.

 

Ecco, neanche metà pagina e siamo già arrivati al vero problema di Sanitarium: il modo in cui viene raccontata la storia non ha un vero filo logico, anche se la storia stessa e il piglio para-razionale con cui il protagonista cerca di prenderla decisamente ce l’hanno. Insomma, Sanitarium è la distorsione, più o meno casuale e più o meno riuscita, di una trama di fondo che pur essendo apprezzabile di per sé e pur avendo valide ragioni per tramutarsi in deliri di tanto in tanto starebbe semplicemente molto migliore se ad almeno il grosso di quello che si vede potessimo dare un qualche senso.

Per fare un esempio, dopo un po’ di pellegrinaggi in quello strano manicomio-torre che vedete nell’immagine (che è poi solo quella schermata allargata un po’ ai lati, niente di che) il protagonista si metterà a parlare con la statua di un angelo, che lo teletrasporterà in una cittadina (sì… quella dei bambini). La statua non ritornerà più. Non si capisce cosa debba essere, e perché poi sparisca completamente: era lì solo perché, evidentemente, qualcuno ha pensato ci stesse bene una statua di angelo parlante. Lo stesso si può dire per molte altre cose; anche se non per tutte, ed è proprio questa disparità, questa mescolanza completamente casuale e disorganizzata di “deliri tanto per” e deliri con rimandi alla trama che fa perdere il filo di quanto si sta vedendo fino ad un’abbondante metà.

La storia, come ho detto, all’inizio non è per niente chiara. Il protagonista si ricorda di avere fatto un incidente in auto, ma ha perso completamente la memoria di tutto il resto, inclusa la sua identità. Sanitarium cerca in ultima analisi di essere un viaggio attraverso alcuni frammentari ricordi della sua vita, alcuni traumatici ed altri completamente normali, fino a fargli ricordare quello che era in realtà successo – una cosa abbastanza banale in verità, o che comunque da sola non giustifica tutta questa premessa – e a farlo risvegliare dal coma. Il centro di tutto vuole essere il viaggio nella mente, ma la trama viene posta come se ad avere importanza sia l’episodio sì drammatico ma non in fin dei conti “sconvolgente” per la stabilità dell’uomo che gli è appena capitato. Insomma, niente “effetto Silent Hill 2” qui, quello potete scordarvelo fin da subito.

 

Sanitarium - screenshot 3

Esattamente come tutto il resto, la direzione artistica di Sanitarium è valida, ma suona comunque come un’occasione mancata per essere molto, molto di più. Per ogni scena davvero valida (quella qui sopra) sarete costretti a sorbirvi tanta casualità ben disegnata, che alla lunga rischia di stancare.
Oh, e ci sono anche delle fasi di combattimento – in un’avventura grafica isometrica. Una cosa ritenuta illegale in una dozzina di Paesi del mondo.
Immagine originale qui

 

Il problema principale, come ho già evidenziato, è l’inconsistenza narrativa: non è possibile ricostruire un filo logico unitario di quello che si vede, perché all’inizio si tratterà di semplici e puri deliri, molto suggestivi ma completamente casuali e scollegati da qualsiasi appiglio sensato a noi noto, e man mano la storia si tramuterà poi in una specie di distorto treno dei ricordi e delle speranze disilluse, finendo però dall’altra parte della barricata molto in fretta, ovvero smettendo di stupire per originalità, pur azzeccando alcuni momenti.

L’effetto finale che trasmette Sanitarium è di essere un qualcosa con un proprio nucleo, ma con anche tante distrazioni gratuite attorno; se una delle due cose prevalesse sull’altra nettamente, o se almeno le due parti fossero bilanciate o distribuite un po’ meglio, l’effetto sarebbe sicuramente migliore, ma per come il gioco è stato costruito l’impressione che ne risulta è purtroppo quella di una storia che si poteva raccontare come si poteva anche non raccontare.

 

Per dirla in modo più esplicito, il gioco costruisce tanti complicati e intriganti arzigogoli attorno ad un nucleo centrale inizialmente invisibile. Poi il nucleo diventa visibile e ci si accorge che non è niente di eccezionale, o almeno niente che giustificasse tutta quella tensione. A seconda di come volete vederla, comunque, una storia sensata di fondo c’era, oppure se volete dimenticarvi di quella nulla vi toglierà gli arzigogoli.

 

Sanitarium - screenshot 4

Oh-oh, il lupo mannaro è scappato! Tranqulli, verrà divorato da una piovra antropomorfa.
Immagine originale qui

 

Mi rendo conto che questa intera pagina per voi significa tutto e niente, essendo solo una raccolta di impressioni personali su qualcosa di cui non sapete praticamente nulla. D’altra parte, mi dispiacerebbe rovinare sia la sorpresa dei momenti più folli sia anticipare il poco significato che quelli costruiti arrivano ad avere banalizzando tutto in un paragrafino riassuntivo da piazzare all’inizio sotto la voce “Storia”, che semplificherebbe a me la scrittura e a voi la lettura, ma che alla fine credo vi farebbe apprezzare molto meno il gioco.

Perché la morale di tutta questa complicata dissertazione è che Sanitarium merita probabilmente di essere giocato, se non altro perché è abbastanza corto, vario e con una guida completa alla mano per niente snervante. Insomma, non sarà l’esperienza della vostra vita, ma se avete un minimo di apertura mentale sono convinto che lo troverete comunque un qualcosa i cui punti a favore compensano quelli a sfavore, anche se magari non di tantissimo.

Potrei rimandarvi a tutte le cinematiche caricate su YouTube, ma la verità è che il 95% di quello che conta viene mostrato durante il gameplay, quindi tra il guardarvi un intero walkthrough e il giocarlo voi… forse ha senso che lo giochiate direttamente voi, oppure che lasciate perdere e basta.

 

(Se vi intrigano i viaggi allegorici nelle menti di uomini in coma potreste trovare interessante, probabilmente anche molto più di Sanitarium, l’album dei Seventh Wonder “Mercy Falls”, che non ho nessun vero motivo di citare qui ma che sto incidentalmente ascoltando in questo momento e la cui epicità mi ha spinto a nominarlo comunque. Dannato Karevik, ci sei riuscito di nuovo.)

 

Il gioco, tornando a noi, è disponibile all’acquisto tramite GOG, ma anche in quella versione avrete quasi di sicuro problemi a farlo partire a dovere.

Ed è qui che arriva il momento di condividere con voi il più folle, indecifrabile segreto che mai vedrete su un PC: come far partire giochi con interfacce grafiche vecchie su Windows 7 senza bisogno di patch. GIURO che quello che sto per scrivere funziona, per me e per diverse altre persone, con Sanitarium ma anche con altri vecchi giochi (es. Planet Blupi). Il perché, però, credo nessuno l’abbia ancora capito.

Ora, se lanciate semplicemente il gioco molto probabilmente vedrete tutti i colori sballati, che lo renderanno virtualmente ingiocabile. Tranquilli.

Chiudete il gioco. Tasto destro sul desktop, “Risoluzione dello schermo”. Ora NON FATE NULLA, lasciate solo la finestra “Risoluzione dello schermo” aperta sul desktop, e lanciate di nuovo il gioco. Et voilà, la modalità grafica compatibile è servita.

Lorenzo Forini
Sono nato a Bologna nel 1993, videogioco da sempre, e da sempre mi ha affascinato l'idea di andare oltre al solo giocare, di cercare di capire cosa c'è nascosto in ogni titolo dietro al sipario più immediato da cogliere. Se i videogiochi sono una forma d'arte, forse è il caso di iniziare a studiarli davvero come tali.

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