C'è vita in New Messico

Quella di E.T. per l’Atari 2600 è stata per decenni una leggenda vera e propria. Oggi non lo è più: è ufficialmente realtà.

 

Un piccolo riassunto per chi non conosce l’antefatto.

Siamo all’inizio degli anni ’80, sulla soglia della seconda e più devastante crisi del mercato videoludico della storia. La piattaforma più diffusa è l’Atari 2600, una console a 8 bit con decine di milioni di unità vendute dal 1977 ad allora, ma il grande successo di alcune piattaforme e giochi ha attirato decine di aziende e le ha convinte a buttarsi a capofitto in quello che sembra un mercato emergente.

In pochissimi anni i negozi vennero invasi da piattaforme (negli USA il picco è stato di 12 console fisse in contemporanea nel 1983, con altre 2 previste l’anno seguente), ognuna con le proprie librerie personali e uniche di giochi. C’è decisamente un eccesso di offerta rispetto alla domanda, e neppure le compagnie impegnate più seriamente nel business, come Atari, riescono a difendersi, perché moltissimi programmatori creano e vendono giochi non autorizzati dall’azienda di scarsa qualità compatibili con la 2600, spesso operando un reverse engeneering su giochi più famosi e alterandone solo alcune parti.

 

E.T. non fu il “colpo finale” al mercato, come qualcuno esagerando vuole farlo sembrare, ma fu di sicuro un bruttissimo colpo per Atari. Il gioco, uscito nel 1983, era stato sviluppato in fretta e furia (circa 6 settimane) e il livello di qualità raggiunto era davvero basso, ma l’azienda era comunque convinta avrebbe venduto grazie al successo del film, e aveva quindi fatto produrre 5 milioni di cartucce. Le vendite reali furono molte, molte meno.

Il problema più grosso però era un altro. La convenzione delle compagnie di videogiochi con i negozi era simile a quella che c’era coi produttori di giocattoli: se il prodotto restava sullo scaffale l’azienda realizzatrice si impegnava a ritirarlo e sostituirlo con un altro titolo in uguale numero di copie, fino a che tutte non fossero state vendute. I milioni di cartucce di E.T. quindi non rimasero invenduti nei negozi, Atari fu obbligata a ritirarli gratuitamente e sostituirli con qualcos’altro.

Al di là del danno economico enorme, c’era il problema di cosa farne di quelle cartucce. Ed è da qui che era nata la leggenda del seppellimento nel deserto, per liberarsene rapidamente e a basso costo senza preoccuparsi di smantellarle e riciclare dei pezzi.

 
Oggi, come dicevo, la leggenda non è più tale. Dopo più di 30 anni una compagnia di scavo si è recata in New Messico nel presunto luogo del seppellimento, per scoprire una volta per tutte se sotto la sabbia c’erano veramente delle cartucce sepolte.

 

ET cartucce deserto

 

Quelle di E.T. sono le prime ad essere state rinvenute, ma pare ci sia molto altro là sotto, con ogni probabilità tutta una serie di altri titoli rimasti invendute e che l’azienda fu costretta a ritirare, non sapendo poi che farsene.

Nelle prossime settimane seguiranno aggiornamenti, e l’intera vicenda sarà raccontata in un film-documentario intitolato provvisoriamente “Atari: Game Over” e la cui uscita è prevista in America entro la fine dell’anno in esclusiva su Xbox 360 e Xbox One.

Lorenzo Forini
Sono nato a Bologna nel 1993, videogioco da sempre, e da sempre mi ha affascinato l'idea di andare oltre al solo giocare, di cercare di capire cosa c'è nascosto in ogni titolo dietro al sipario più immediato da cogliere. Se i videogiochi sono una forma d'arte, forse è il caso di iniziare a studiarli davvero come tali.

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