Ogni giorno, in ogni parte del mondo, qualcuno sta discutendo di videogiochi. C’è chi lo fa riferendosi alla grafica, chi al gameplay, chi alla storia…. eccetera. Sono in pochi, però, che parlano di emozioni. Qui da noi si è già discusso molte volte di emozioni, ma generalmente si parlava di gioie e mai di dolori o rimpianti. Ebbene, i videogiochi offrono anche questo.

Partendo dal fatto che il termine “videogiocare” possa essere inteso in vari modi, si può aprire un discorso completamente nuovo. Generalmente soltanto il comune “giocare” dovrebbe far pensare a “divertimento”, perciò “videogiocare” può essere inteso come “divertimento videoludico”, ovvio, no?

Molte persone tuttavia hanno una concezione tutta loro del divertimento. Anzi, TUTTE le presone hanno una propria concezione. Alcune potrebbero variare soltanto leggermente da una all’altra, altre invece sono completamente differenti. Ecco perchè questo discorso è altamente soggettivo. Alcuni potrebbero trovare il divertimento nella sfida, nella difficoltà, altri invece nella calma, la solitudine. Qui però si va oltre il concetto di “divertimento”, ma si abbraccia un discorso più generale, sempre però compreso nelle “emozioni”. Ecco perchè da sempre i videogiochi trasmettono emozioni come il terrore, la sofferenza e molti altri sapori agrodolci. Prendiamo in esame ognuna di queste.

Senza dubbio la difficoltà è stata una costante in ogni videogioco, ma che nella sua forma più moderna sta piano piano scomparendo. Soltanto alcuni riescono a sorpassare il “muro invisibile” imposto dal marketing odierno. Se c’è una massa di giocatori che si accontenta di giochi facili, allora ce ne è un’altra che vuole quelli più difficili possibile. Come già detto, però, questa è una cosa puramente soggettiva, dunque NESSUNO ha il diritto di biasimare chi vuole videogiochi facili. Alla fine è sempre divertimento. Ecco perchè da sempre esiste la selezione della difficoltà nella maggior parte dei videogiochi, per abbracciare un target il più ampio possibile. Ma ditemi: se il giocatore medio si troverà di fronte alla scelta della difficoltà e si troverà indeciso se affontare il gioco con un approccio più quieto, calmo e quindi più godibile, oppure più duro e sfrenato, che cosa sceglierà se la maggior parte delle persone sceglie la prima opzione? La risposta viene da sè, ma bisogna ricordare che si sta generalizzando molto.

Il già citato e lodato Rayman Origins, invece, va oltre questi limiti imposti dai videogiochi moderni, preferendo quindi di mettere il giocatore di fronte ad una condizione di difficoltà crescente. Il gioco inizia in modo “tranquillo”, ma che poi si evolve aumentando la propria difficoltà in modo vertiginoso. Non è raro veder persone che non hanno nemmeno completato il gioco. Ad ogni modo: questo concetto è già stato ampliamente approfondito in un altro articolo, perciò meglio passare ad altro.

Per “altro” si intende Demon’s Souls, oppure il suo “mezzo seguito” Dark Souls. Questi titoli, ancora una volta, hanno lasciato sbigottita la critica videoludica, semplicemente perchè si sono liberati dalle catene del conformismo, in particolare il primo titolo. Demon’s Souls non offre scelta: o impari a giocare, o muori. Soltanto ad alcuni è piaciuto,  mentre ad altri ha disgustato per la sua elevata difficoltà. La stampa si è trovata molto in diffioltà nel valutarlo.  Nonostante fosse a tutti gli effetti un titolo molto affascinante per fattori come la storia o l’ambientazione molto dark, alcune volte ci si trovava di fronte a commenti come: “Troppo difficile per la maggior parte dei videogiocatori”, trasformando quindi quest’ultimo commento come fonte di difetto, scoraggiando l’acquisto da parte dei più. Si sa che pare un miracolo l’uscita di questo titolo dal mercato giapponese e quindi anche qui in Italia.

Ecco quindi che si entra in un altro argomento: il criterio di valutazione da parte del giornalismo videoludico. La difficoltà come già detto, è fonte di soggettività: ad alcuni piace, ad altri no. Come dovrebbe fare quindi, un recensore, a valutare un videogioco, se non basandosi sui propri gusti? Basandosi su quelli della massa. Ecco perchè penso che non esista una “ogettività totale”, ma solo parziale. Ogni cosa è soggettiva, perciò la “oggettività” viene stabilita da canoni e criteri sempre soggettivi. Un concetto difficile ed introverso.

Quali altre emozioni allora possono essere suscitate? Il terrore, come già detto, è una costante nel mercato odierno. Ma cos’è il terrore? Cosa c’è di bello nello spaventarsi, nel provare paura? Sarebbe come chiedersi: cosa c’è di bello nel mangiare cibi piccanti oppure amarissimi? Ecco che ancora una volta entra in gioco la soggettività. È sempre un’altra forma di piacere, magari di masochismo, ma che provoca sempre piacere.C’è il terrore psicologico, o quello tipico dello spavento “a sorpresa”, l’importante, però, è che dopo ci si sente meglio, anche con il fiatone i peli rizzati.

Tuttavia, il gioco per eccellenza dal “piacere perverso”, è senza dubbio Fallout 3. L’atmosfera di Fallout è qualcosa di davvero difficile da raggiungere. Quando si cammina tra le Wasteland, si percepisce la disperazione, il degrado, ma tutto in un’atmosfera calma, tranquilla. Quando però si incontra un nemico, si inizia a percepire una paura strana, non “da spavento”, ma quel tipo di paura di morire (nel gioco chiaramente). Si inizia a consumare e proprie provviste, si da un’occhiata alcontatore delle radiazioni, peicolosamente in aumento. Quando si cammina per la città si prova pena per gli abitanti, o per i ghoul, oppure, perchè no, rabbia. Fallout 3 non ti fa provare emozioni, te le tira fuori, ti costringe a provare qualcosa. Quel “qualcosa” può essere anche disgusto, o felicità, o antipatia. Fallout 3 è uno dei migliori giochi di ruolo proprio perchè si “cuce” sul giocatore. Esistono perciò scelte morali, che si evolvono insieme al propri personaggio. nel gioco tu non nterpreti il personaggio sei il personaggio, dunque sei costretto a relazionarti col mondo che ti circonda, sia nel bene che nel male.

Alla fine, di emozioni se ne provano sempre tante durante la propria vita, di belle e di brutte. Ecco perchè i videogiochi devono essere visti ogni volta con un’ottica diversa. Perchè, invece di snobbare un’avventura molto triste e malinconica, non la si prova a capire, magari anche a costo di andare ciontro i propri gusti? Ne esistono tante di storie dal sapore agrodolce, che possono essere vissute in molti modi, ognuno differente per persona a persona.

Provate a provare.

Jake Joke
Questo utente è troppo pigro o troppo impegnato a giocare per completare il suo profilo.

2 Responses to “Videogiochi dal sapore agrodolce”

  1. lele03 ha detto:

    Bella la tag “agrodolce”. :)

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