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Dino Stalker – Anche il Giappone ha i suoi FPS

RetroGaming è una rubrica che guarda al passato dei videogiochi per rapportarlo al presente – in altre parole, pesco un vecchio gioco che conosco da più o meno tempo e cerco di analizzarlo sia inquadrandolo nella sua epoca storica sia mettendomi nei panni di doverlo giocare oggi come videogiocatore moderno. Esce alla domenica, con cadenza bisettimanale.

 

Sono confuso, contento e un po’ incazzato. Lasciatemi spiegare.

 

Il carnotauro è un abelisauride vissuto in Argentina tra 100 e 60 milioni di anni fa circa. Nella foto, due rarissimi (in quanto inesistenti) tirannosauri cornuti.
Immagine originale qui.

 

Sono confuso perché ho appena scoperto che i giapponesi hanno inventato gli FPS.

 

Non i nostri FPS – Doom, Quake, CoD, quella roba lì. Deve essersi trattato di un processo sconnesso e a distanza nel tempo, ma dai risultati simili; un po’ come il fatto che dei templi a forma di piramide ci sono tanto in Egitto quanto nell’America centrale, ma ovviamente ci si è arrivati ognuno per contro proprio, ottenendo risultati simili e non esattamente identici.

Ecco, a quanto pare Capcom è padre degli FPS giapponesi, che a differenza dei nostri sono direttamente passati dall’essere Light gun Shooter a Light gun Shooter in cui si cammina liberamente. Il primo (a me noto) si chiama Resident Evil Survivor, ed è uscito nel 2000. Non l’ho giocato. Il secondo, del 2001, è Resident Evil Survivor 2 Code: Veronica, da non confondere col sempre dimenticato ma lievemente più noto Resident Evil Code: Veronica. Non ho giocato neanche quello.

Quello che ho invece giocato è Dino Stalker, che in Giappone è intitolato Gun Survivor 3: Dino Crisis. Il che, anche dimenticandoci il nome che ha da noi, non aiuta ad alleviare la mia confusione: il più o meno terzo capitolo di una serie è in realtà il terzo capitolo di un’altra serie, intitolata Dino Crisis, iniziata nel 1999, che è a sua volta… una mezza rivisitazione di Resident Evil, quello originale del 1996, solo coi dinosauri come nemici.

 

Quindi, riepilogando, Capcom usa gli zombie per inventare nuovi generi di giochi, e una volta che si sono affermati e/o la gente si stanca sempre dello stesso gioco di zombie, sostituisce gli zombie con dei dinosauri per continuare a riproporre il genere sotto una luce diversa.

Mai pensato a dinosauri zombie? Quello sì che movimenterebbe le cose.

 

Il cronosauro è un rettile marino carnivoro vissuto intorno a 110 milioni di anni fa. Non è un dinosauro; non sono noti dinosauri adattati completamente alla vita acquatica, nessuno. Smettetela di chiamare tutti i rettili preistorici “dinosauri”.
Immagine originale qui.

 

Sono contento perché – nonostante il mio immenso scetticismo naturale iniziato prima di provarlo e protrattosi durante la tragicomica cinematica introduttiva, in cui con una CGI che neanche Silent Hill 1 mi viene spiegato come i dinosauri (tutti, devo assumere, da ben tre ere bioclimatiche diverse per un totale di 200 milioni di anni!) siano stati teletrasportati avanti nel tempo dal governo americano per prevenire un paradosso temporale, e conseguentemente un pilota americano d’aereo della seconda guerra mondiale viene strappato al suo tempo per EHI, PRENDI IL FUCILE E SPARA! – Dino Crisis è sorprendentemente giocabile.

 

Il gioco è, in sostanza, un Light gun Shooter, con la particolarità di poter ruotare liberamente la visuale a 360 gradi e in alcuni livelli di poter anche camminare, come in ogni FPS normalmente considerato tale. Non ho idea di come sia giocarlo effettivamente con una pistola da console, che non ho mai posseduto in vita mia, ma usando il controller non ho avuto il minimo problema di precisione o di posizionamento dei comandi.

Con l’analogico destro si muovono visuale e mira. La mira è sempre bloccata al centro orizzontale del monitor, quindi muovendo la levetta a destra e a sinistra si ruota tutta la visuale, come in ogni FPS; è però sbloccata verticalmente, quindi andando su e giù non si guarda su e giù, ma si sposta il puntatore in su e in giù nel video. Con la levetta sinistra (dopo essere andati a saccheggiare i comandi, perché d’ufficio muovendola a sinistra e destra ci si ruota invece di strisciare, neanche fosse veramente Doom su PC senza mouse) ci si muove, sempre come in qualunque FPS.

R1 è per sparare, mentre con , e si cambia la modalità di fuoco e con  si ricarica. L’arma base, come in qualsiasi Light gun Shooter, è semiautomatica e ha colpi infiniti, ma ogni tot spari bisogna appunto ricaricare. In giro per i livelli si trovano armi speciali (mitragliatrici, laser, lanciagranate, lanciafiamme…) che vengono assegnate a e rimangono disponibili finché non si finiscono i colpi o non se ne raccoglie un’altra, che sostituisce la precedente. attiva la legnosissima e scomodissima “modalità cecchino”, ovvero si spara come normale ma lo zoom viene aumentato tantissimo dopo una sceneggiata di alcuni secondi; serve davvero un’unica volta in tutto il gioco, e anche lì non è strettamente necessaria.

 

Il plesiosauro era un rettile marino carnivoro vissuto intorno a 180 milioni di anni fa. Questi e qualsiasi raffigurazione che il gioco ne fa sinceramente mi ricordano più un qualche elasmosauride, visto il collo così lungo e la conformazione dell’attaccatura del medesimo al corpo, ma in entrambi i casi non sarebbero comunque dinosauri.
Immagine originale qui.

 

Si può morire se si subiscono troppi danni, ma anche se si esaurisce il tempo per completare il livello, mostrato in alto a destra. Toccando o sparando a delle gemme sparse per gli ambienti si allunga il tempo a disposizione.

Più in generale, gli oggetti raccoglibili non si limitano a delle armi: ci sono cure, kit di rinascita (di fatto delle tradizionali “vite”), antidoti (usati in automatico se si resta avvelenati per qualche pianta), persino esplosivi che non bisogna toccare, o che si possono fare esplodere sparando per danneggiare i nemici. Le stesse armi a disposizione sono veramente tante; non le ho contate, ma in un unico livello lungo una decina di minuti ne avrò raccolte almeno sette o otto diverse, anche parecchio diverse per effetti e modalità di fuoco.

Dino Stalker è un gioco piuttosto “pieno”: si alternano livelli su rotaie tradizionali (ma in cui si può comunque ruotare la visuale a 360 gradi) ad ambienti aperti e liberamente esplorabili, dando sempre un’occhio al tempo. Un paio di livelli sono parecchio vasti a colpo d’occhio, e anche piuttosto densi e relativamente curati. La varietà dei nemici non è tantissima, ma almeno c’è differenziazione nel modo in cui vi vengono buttati addosso man mano, e quando è lasciata a muoversi in ambienti completamente aperti e liberi l’IA regge la sfida dimostrando una discreta competenza nei movimenti.

 

La trama al contrario ve la risparmio, primo perché non avendo giocato i due Dino Crisis non so quanto almeno ricollegandosi a quelli potrebbe suonare completa e coerente, e secondo perché per come l’ho vissuta io non mi pare nessuno dei due. Ok, fino ai viaggi nel tempo ci sono arrivato, ma l’esistenza di questo strano piano della realtà virtuale, di un dinosauro “definitivo” creato artificialmente che controlla tutti gli altri con la mente, della ragazza semi-scema che vaga a caso e si innamora del protagonista dopo forse due minuti che lo conosce… Troppi come e perché senza risposta, mi spiace.

D’altra parte, da un gioco il cui retro della scatola esordisce testualmente con “Stermina la preistoria” non è che pretendessi molto.

 

Questo dinosauro non esiste. Almeno il gioco è onesto e lo dice chiaro e tondo.
Immagine originale qui.

 

L’unica cosa che voglio dirvi della trama è che è corta. Molto corta. E volete sapere perché la trama è corta? Perché il gioco stesso è corto. Molto corto. Non credo che Dino Stalker sia mai diventato o pensato per essere un effettivo cabinato arcade, ma di sicuro la lunghezza della partita sarebbe perfetta per diventarlo.

A finire i 7 livelli del gioco (diciamo pure “5 e qualcosa”, visto che gli ultimi due sono solo boss fight) ci ho messo meno di un’ora e mezza, e non intendo neanche che il gameplay è durato un’ora e mezza, ma che da quando ho acceso la PS2 con dentro il disco di Dino Stalker a quando l’ho spenta perché l’avevo finito è passata un’ora e mezza.

 

Sì, dopo averlo completato si sblocca una nuova difficoltà, e sì, ad ogni missione completata viene assegnata una valutazione in base al tempo rimasto, i dinosauri uccisi ecc., ma… santo cielo, un’ora e mezza – di cui almeno venti minuti occupati dagli inutili e logorroici filmati. Ci ho messo il doppio del tempo a scrivere questo articolo che a iniziare e finire il gioco.

È evidente che Dino Stalker viene pensato non come un gioco ma come una run, una run che si potrebbe voler ripetere più volte per ottenere risultati migliori. Si potrebbe. Perché, onestamente, non è che sia così vario e così ben costruito da farmi scalpitare al pensiero di passare un’altra ora rifacendo tutti i livelli che ho già visto da capo.

 

E questo, per la cronaca, è il perché sono un po’ incazzato. Perché questo gioco poteva essere molto di più, se solo fosse durato un po’ di più e si fosse sostenuta la maggiore lunghezza con un altro po’ di varietà di nemici e ambienti, che gli sviluppatori avevano palesemente le capacità di metterci.

Non sono effettivamente incazzato perché almeno l’ho pagato la bellezza di 3 euro. Pensando comunque che mi è costato tanto quanto Stronghold

 

In questo livello, praticamente ogni singolo albero può essere distrutto sparandoci contro qualche colpo. Ogni. Singolo. Albero. Le mie mani sanguinano.
Immagine originale qui.

 

Tirando le somme, se avete una light gun e avete voglia di usarla, suppongo che Dino Stalker sia una discreta variazione rispetto ai soliti titoli solo e unicamente su binari; ufficialmente supporta tale “G-con 2”, altro non so dirvi.

Se cercavate solo un gioco di dinosauri e sparatorie, qui ci sono sia dinosauri che sparatorie, e nel complesso non è certo fatto male, ma sappiate che per finirlo tutto e vedere ogni singola cosa che ha da mostrare ci vuole poco più di un’ora. I miei 3 ricchi euro, in fondo in fondo, gridano ancora vendetta.

 

Alla prossima.