RetroGaming, puntata 5: Praetorians (2003; PC)

RetroGaming, puntata 5: Praetorians (2003; PC)

L’età dell’oro dei vecchi giochi di strategia ci ha lasciato in eredità tantissimi ottimi titoli: Age of Empires 2, Starcraft, Age of Mythology, Rise of Nations… ma ogni età dell’oro, per quanto splendente e ricca, prima o poi deve finire; o meglio, cambiare centro di attenzione. Così come gli imponenti RPG isometrici a cavallo del 2000 – che pure potevano vantare titoli di non piccolo calibro tra le loro fila (Fallout, Baldur’s Gate, Planescape: Torment…) – furono scavalcati dai modelli 3D promossi da Gothic e da Deus Ex fino a diventare fossili viventi, anche tra i giochi di strategia gli RTS classici vennero messi in ombra da quelle varianti che meglio si avvalevano delle nuove tecnologie, tattici e gestionali su tutti.

Non serve che vi ricordi ora che Total War, il nome che da dieci anni a questa parte ha portato tutte le principali innovazioni nel genere della strategia in tempo reale, si basa completamente su questi due sotto-generi, espansi finalmente in tutto il loro potenziale. Serve probabilmente di più che vi parli piuttosto dei tentativi che hanno avuto meno fortuna, o almeno di uno di essi: Praetorians.

 

Praetorians immagine 2

Qualcuno ha ordinato un po’ di Età Repubblicana?

 

Nato in un periodo di caos e transizione, Praetorians (2003) ha, in primo luogo, un sapore davvero unico. Non certo per il contesto (Impero romano all’epoca di Cesare, con popoli giocabili romani, barbari ed egizi), piuttosto per il gameplay. La mappa è quella di un RTS classico: niente aspetti macro-gestionali (alla Rome), si è sempre e solo sul campo. Al posto però di chiedere al giocatore di micro-gestire una civiltà raccogliendo risorse, costruendo edifici e compiendo progressi tecnologici (alla Age of Empires) il gioco si concentra tutto sulla componente bellica, semplificando e riducendo la scala di tutta la partita ad una specie di gioco tattico in cui si creano anche le truppe.

Il giocatore controlla le truppe e basta. Gli unici veri edifici sono dei villaggi già presenti sulla mappa, che offrono – a chi li occupa creandovi accanto una costruzione predefinita e facendo entrare nel villaggio un proprio comandante – la possibilità di arruolare nuovi soldati usando due tipi di risorse: popolazione, del villaggio stesso (che cresce costantemente fino ad un tetto massimo), e punti onore, che si ottengono combattendo il nemico. Le unità più semplici richiedono solo popolazione, quelle più avanzate anche punti onore.

Tutti i popoli hanno un’unità da costruzione, una truppa base per il corpo a corpo, una di lanceri, una di arcieri, due unità base di cavalleria – una da corpo a corpo e una da tiro – e tre tipi di reggimenti unici e particolarmente forti. Ci sono poi però anche il medico (che, come è intuibile, cura le truppe), l’ufficiale (la cui funzione base è quella di aumentare il vigore delle truppe vicine) e due esploratori, uno con falco e uno con lupo. Cosa ce ne si farà mai degli esploratori in un gioco simile, vi starete chiedendo. Semplice.

 

Praetorians funziona sconvolgentemente bene per via dell’estrema interazione con l’ambiente, la più avanzata che credo si fosse vista fino ad allora. Alla base c’è l’ovvia quanto puntualmente trascurata idea che per poter attaccare i nemici bisogna vederli. Se qualcuno è su una collina, le truppe a valle non lo vedranno; bersagli facili per gli arcieri. Oppure, se qualcuno è nascosto in un bosco diventerà visibile solo se si avranno unità dentro il medesimo bosco. Questo banale quanto intuitivo concetto è la base del gioco, ed è una base davvero di lusso. Gli esploratori con falco possono lanciare il loro pennuto sopra una certa area, rendendo visibile dall’alto tutto quanto; quelli con lupo mandano avanti il loro spigoloso (siamo pur sempre nel 2003…) canide per la stessa ragione, con la differenza che il lupo, pur non vedendo sopra le colline, può anche entrare nei boschi. Ci sono anche altri due tipi particolari di terreni, i guadi (che impediscono il transito a certe unità, come anche le foreste tra l’altro) e le distese di erba alta (dove le unità possono nascondersi per tendere imboscate. Anche qui un lupo non fa male).

 

Praetorians immagine 1

Questa scena si è vista in un’infinità di giochi. L’unica differenza è che qui non è relegata ai soli filmati.

 

Ma non azzardatevi a pensare che le particolarità del gameplay si fermino qui. Abbiamo appena iniziato.

Per prima cosa, le unità non sono solo un modo comodo per creare e spostare più soldati in una volta. Hanno una barra della vita “globale”, che coi primi colpi cala e coi secondi si tradurrà anche in perdite, fino al totale annientamento. Le varie unità, in base alla resistenza, non hanno solo più o meno vita, ma anche una soglia di perdite più ristretta: con gli arcieri le prime vittime arrivano quasi subito, mentre con la fanteria si inizia superando circa la metà della vita totale. Alcune truppe speciali – vedi i pretoriani che danno il nome al gioco – rasentano poi l’indistruttibilità se semplicemente ingaggiate in corpo a corpo.

Ma le unità hanno anche – e soprattutto – delle abilità di gruppo: i picchieri possono formare una falange statica, creando un muro di lance incapace di spostarsi ma terrificante per chi cerca di combatterlo spada alla mano, specialmente per la cavalleria. La fanteria romana può formare una testuggine, che riduce tantissimo i danni da tiro pur rallentando la truppa. I guerrieri barbari possono lanciare delle bolas per immobilizzare momentaneamente il nemico. Altre unità particolari hanno altri poteri speciali (ad esempio, gli arcieri numidi degli Egizi possono tirare frecce avvelenate, i gladiatori dei Romani lanciare reti per imprigionare il nemico e la cavalleria germanica dei Barbari impalare in carica un nemico a testa. Instant kill. Gulp.). Tutte queste abilità consumano vigore, la seconda statistica di ogni unità, che si ricarica semplicemente col tempo. Anche correre e combattere in corpo a corpo consuma vigore; e più è basso il vigore peggio combatteranno i soldati, quindi meglio lasciare che carichino gli avversari, o al limite ingaggiare il nemico con un sereno passo di marcia (cosa che furbamente il computer fa sempre).

Ora, come rendere uno strategico studiato, ricco e nella sua realitva limitatezza varissimo (e spaventosamente realistico, per l’epoca) un gioco epico? Risposta: macchine d’assedio. Le unità di fanteria base di ogni popolo, oltre che torri di guardia capaci di ospitare un’unità amica e “torri di controllo” per reclamare i villaggi, possono infatti mettere in piedi baliste e catapulte (nonché scale, torri mobili e arieti per gli assedi, riservati purtroppo ad alcune partite di campagna). Le armi d’assedio non tolgono vita, tolgono uomini. Il dardo di una balista poterà inesorabilmente qualsiasi soldato abbia la sfortuna di trovarsi sulla traiettoria, amico o nemico. Le catapulte sono più imprecise e più lente a sparare, ma non meno devastanti se usate a frammentazione.

 

Praetorians immagine 4

Da questa parte, signori…

 

Riepilogando, abbiamo un gioco tattico con poche unità ma straordinariamente differenziate e caratterizzate, delle meccaniche che premiano tantissimo la strategia, addirittura in relazione con l’ambiente, e un sistema di vita/danni non banale e che non permette a nessuno di essere davvero immortale. Ma quello che fa amare davvero Praetorians sono l’immediatezza del gioco e il modo in cui risponde agli stimoli. Non c’è nulla riguardo la basilare tattica militare e il buon senso che farà dire “va bene, qui succede questo, ma nella realtà andrebbe molto diversamente”. Tutto finisce bene o male come la logica suggerisce, magari con qualche iperbole per comodità di programmazione (su tutte, l’assenza di vantaggi dati dalla carica e il fatto che i soldati non fuggono mai).

Come ho già detto, i picchieri possono formare una falange praticamente insuperabile in uno scontro in corpo a corpo. Se i soldati in formazione vengono però presi di mira dalle frecce la situazione è invertita: i picchieri non hanno scudi, sono di fatto persone indifese inginocchiate a terra che guardano le frecce piovergli addosso. Come ovviare al problema? Con l’altra formazione dei picchieri, quella compatta, che fa raggruppare gli uomini e puntare tutti le picche verso l’alto a 60° circa, per “parare” le frecce il più possibile. Occhio però a non finire caricati in questo momento: il risultato non sarebbe dei più felici. Bilanciamento. Ce n’è un sacco, in questo gioco.

Gli arcieri base di ogni popolo hanno un’unica abilità speciale attivabile, che li fa mettere in ginocchio aumentando la gittata a discapito della possibilità di muoversi. Se però provate a prendere di mira una macchina d’assedio, un edificio nemico o anche un ponte verranno automaticamente lanciate frecce infuocate al posto di quelle normali. Non è solo un bell’espediente grafico (come in Age of Empires 2): le frecce non possono danneggiare in alcun modo edifici e macchine, se non dando loro fuoco. Cosa che avviene dopo tre o quattro salve. Si tratta di un tocco di realismo incredibile, pensando all’epoca e ai precedenti storici (ho demolito castelli su castelli con dei Longbowman).

 

Praetorians immagine 5

Il karma deve restare in equilibrio: una vita per una vita, un ponte per un ponte.

 

La campagna è di lunghezza medio-corta, ma abbastanza varia e con alcune missioni così divertenti e ispirate (dico solo “Di tutte le tribù della Gallia…”) che non si avranno problemi a rigiocarle per il solo gusto di farlo. Ogni partita è anche affrontabile a tre difficoltà, e viene segnato e ricordato quella più alta a cui l’abbiate mai finita. Altra longevità.

Le cosiddette “mappe casuali” (che poi casuali non sono mai state, perché da sempre si sceglie la mappa in cui giocare. Chi ha inventato questo nome?) sono interessanti per provare il potenziale di Barbari ed Egizi, che in campagna si vedono un po’ col cannocchiale; sfortunatamente sono molto più ripetitive e prevedibili delle partite scriptate, ma un paio di mappe sono dei veri capolavori di design, sempre nella loro semplicità.

C’è un online, ma consiste solo nel giocare mappe casuali con giocatori umani, nulla di sconvolgente. Il software di base previsto è GameSpy, che se non sbaglio non esiste più, ma probabilmente in lan o tramite qualche software di “lan a distanza” sareste ancora in grado di usufruirne oggi. Controllare su internet se siete interessati.

 

Il comparto grafico, come avrete già capito dalle varie immagini, per l’epoca era davvero molto buono. Se è poi vero che andano a zoomare nel limite del possibile ci rendiamo conto che i soldati sono composti da blocchetti di colore è anche da dire che alcune viste dall’alto sono incredibili, soprattutto per quanto riguarda gli elementi naturali. Queste sono di gran lunga le più belle foreste che nel 2003 avreste potuto trovare in un gioco di strategia, e sarebbero entrate in una top five come migliori foreste punto. Se nel complesso il comparto grafico non fa comunque gridare al miracolo posso dire che da sempre il gioco gira con una fluidità straordinaria, preferita evidentemente ad appesantimenti visivi eccessivi.

Come tutti i vecchi giochi di strategia Praetorians ha poche musiche, ma straordinarie. Il sonoro nel complesso è superbo, con effetti credibili e ben utilizzati e un doppiaggio di alto livello, seppure palesemente a budget e con pochissime voci. Se Raffaele Fallica è a bordo, comunque, il comparto audio per me è ALMENO un 9 a prescindere dal resto.

 

Praetorians immagine 3

Animare gli oggetti a mano… forse un parenting alle ossa dell’armatura sarebbe stato meglio, col senno di poi…

 

Voglio essere onesto e segnalarvi anche quelli che ritengo i principali difetti del gioco. In primo luogo, il fatto che il vero potenziale del titolo – le unità speciali con le loro abilità – venga sfruttato solo in parte durante la campagna, che per contro è invece la sessione più riuscita di quelle disponibili. La ridotta possibilità di usare in campagna Barbari ed Egizi (ogni villaggio crea unità in base al popolo del generale che vi entra), poi, è ancora più grave, perché oscura quasi completamente due fazioni pienamente godibili e che lo sarebbero di certo state ancora di più con due campagne proprie, magari anche un po’ più corte di quella principale che così com’è va benissimo.

Qualcuno potrebbe anche trovare un po’ demotivante la similitudine di fondo dei tre popoli, che di fatto si avvalgono quasi solo delle stesse unità con qualche differenza non così sostanziale. D’altra parte non possiamo essere tutti Starcraft e la varietà è già assicurata dal gameplay in sé, almeno a sufficienza per andare avanti a giocare.

Per finire, sarebbe stato se non altro comodo un qualsiasi sistema di reintegro dei soldati morti, con tutte le cautele e gli handicap del caso, magari passando dai villaggi (del tipo, fai entrare l’unità nel villaggio e riempila di nuovo spendendo la differenza di soldati mancanti in abitanti). Le unità si possono spacchettare e ricompattare, persino bilanciare automaticamente, a patto ovviamente che si lavori con truppe dello stesso tipo, ma quei due uomini che ti avanzano dopo uno scontro o quelli che ti mancano per finire il rango suonano sempre un po’ male, e sembra ridicolo che non esista neanche quando si è alla propria base con tutta la calma del mondo un vero modo per risolvere il problema nel modo più logico.

 

In conclusione, Praetorians era – ed è – un piccolo capolavoro: un gioco incredibilmente moderno che può facilmente dare soddisfazione a chiunque ami il genere tattico-strategico. I suoi difetti principali sono più che altro mancanze, non errori, mentre tutto quello che può vantare non ha perso minimamente di valore: l’offerta finale è ancora oggi estramamente originale e funzionale. Gli appassionati di titoli tattici e in generale di giochi di guerra antica non sono autorizzato in nessun caso a non guardarsi neanche un video su youtube per approfondire.

Il gioco, tra l’altro, è acquistabile su GOG a una cifra ridicola (5,50€). Peccato non sia disponibile, con l’acquisto digitale, la localizzazione italiana (che ho invece io su CD), completa e ottimamente realizzata, con tanto di soldati integralmente doppiati. Vero, Rome 2? VERO?!?!

Lorenzo Forini
Sono nato a Bologna nel 1993, videogioco da sempre, e da sempre mi ha affascinato l'idea di andare oltre al solo giocare, di cercare di capire cosa c'è nascosto in ogni titolo dietro al sipario più immediato da cogliere. Se i videogiochi sono una forma d'arte, forse è il caso di iniziare a studiarli davvero come tali.

3 Responses to “Praetorians – E’ un RTS? E’ un tattico? No, è Praetorians!”

  1. […] Questo non è un gioco che premia la “tattica”, o anche solo una logica organizzativa; è, come qualsiasi strategico sempre è stato e sempre sarà, un titolo di cui vanno comprese le meccaniche interne, i trucchi, dove si può forzare il sistema e dove no. Tutto questo è per non farvi immaginare uno strategico a missioni ma con il combattimento in stile Medieval 2 (la cosa a me nota che va più vicino ad essere quello, se può interessarvi, è il soggetto di una vecchia puntata della rubrica, Praetorians). […]

  2. […] Questo non è un gioco che premia la “tattica”, o anche solo una logica organizzativa; è, come qualsiasi strategico sempre è stato e sempre sarà, un titolo di cui vanno comprese le meccaniche interne, i trucchi, dove si può forzare il sistema e dove no. Tutto questo è per non farvi immaginare uno strategico a missioni ma con il combattimento in stile Medieval 2 (la cosa a me nota che va più vicino ad essere quello, se può interessarvi, è il soggetto di una vecchia puntata della rubrica, Praetorians). […]

  3. […] Questo non è un gioco che premia la “tattica”, o anche solo una logica organizzativa; è, come qualsiasi strategico sempre è stato e sempre sarà, un titolo di cui vanno comprese le meccaniche interne, i trucchi, dove si può forzare il sistema e dove no. Tutto questo è per non farvi immaginare uno strategico a missioni ma con il combattimento in stile Medieval 2 (la cosa a me nota che va più vicino ad essere quello, se può interessarvi, è l’argomento di una vecchia puntata della rubrica, Praetorians). […]

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